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Tares, le banche pagheranno meno dei pizzaioli

Il 31 luglio scatta la prima rata della tassa sui rifiuti: i piccoli esercizi tartassati perché produrrebbero più immondizia. I rincari sfiorano il 3-400%

Giulio Bucchi
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Signori, pronti alla cassa. Il 31 luglio, tanto per allietare le meste vacanze (per chi se le può ancora permettere), gli italiani si recheranno allo sportello per pagare la prima rata della Tares, l'imposta che ha sostituito la tassa sui rifiuti e sui servizi invisibili (rifacimento delle strade, manutenzioni varie).  Il paradosso è che a pagare di più in percentuale saranno i piccoli esercizi commerciali rispetto alle grandi banche. Questo perché è stato adottato il principio di attività più o meno produttrice di rifiuti. E quindi ristoranti, frutterie  e supermercati o bar sborseranno in proporzione molto di più di un ufficio o di una filiale bancaria. Tecnicamente l'appuntamento fiscale di fine mese è un acconto, pari al 40% determinato sulla base della Tia (la vecchia tariffa di igiene ambientale in vigore fino al 2012), per l'anno 2013. Poi a settembre, tornati a casa, si penserà alla seconda rata per chiudere in bellezza a dicembre con il saldo. I comuni stanno frettolosamente cercando di contenere la mazzata che sarà particolarmente indigesta per le attività commerciali e produttive. Confcommercio ha stimato rincari per tutte le tipologie di attività commerciale con percentuali che sfiorano rincari del 3,400%.  Batoste che porteranno nelle casse dello Stato (e dei sindaci) complessivamente ben 8 miliardi di euro, ben 2 in più di quanto si incassava nel 2012 tra Tarsu e Tia.  Il problema dei sindaci - oltre a resistere alle proteste delle associazioni di categoria - semmai è come evitare una mazzata sulle famiglie, non inasprire il prelievo sulle piccole attività locali, e pagare i costi di raccolta dei rifiuti e manutenzione cittadina. Un equilibrismo ancora più complesso considerando il taglio dei trasferimenti finanziari dal governo centrale.  E poi c'è la storia del prelievo aggiuntivo dello 0,30% (che i sindaci possono elevare allo 0,40%).  La nuova imposta si applica infatti sulla base della superficie calpestabile degli immobili  e prevede proprio una maggiorazione di 0,30 centesimi per ogni metro quadrato. Il paradosso è che se per gli esercizi commerciali è stato giustificato l'aumento con la maggiore capacità di produzione di rifiuti da smaltire, per le famiglie l'aggravio dello 0,30% non tiene minimamente conto se questa opera per esempio la raccolta differenziata. Insomma, il tributo comunale sui rifiuti è basato solo e soltanto su elementi meramente patrimoniali e non sulla quantità e sulla qualità dei rifiuti prodotti.  Con il paradosso che l'introduzione dell'addizionale 0,30% non tiene minimamente conto dei comuni virtuosi. Quelli che realmente riescono a trattare e rendere produttivi i rifiuti dovranno far pagare la maggiorazione come uno sporcaccione. Non a caso, proprio nei giorni scorsi il primo cittadino di un piccolo comune marchigiano (con l'invidiabile risultato di un tono 80% di raccolta differenziata), stufo di fare il gabelliere, si è lamentato direttamente con una lettera con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Consiglio, Enrico Letta: «Attraverso questo ennesimo balzello», si appella Osvaldo Messi, sindaco di Appignano, «ci vediamo depauperati dal nostro ruolo di amministratori e costretti ad assumere le caratteristiche di esattori di uno Stato».  Secondo stime nazionali con l'entrata in vigore del nuovo regime le attività produttive subiranno in media un aumento del 290%, mentre per le famiglie la tassazione aumenterebbe del 15 o 20 % senza però incrementi del rifiuto prodotto. L'unica leva che resta ai primi cittadini è di prevedere forme di sconto in base locale. Tenendo conto del reddito, della composizione del nucleo o della presenza di minori o disabili. Difficile fare di più con una stagione di vacche magre. Il problema, semmai, è che a dicembre si arriverà al conguaglio. E saranno dolori. Tanto più che con il fantasma dell'Imu che scompare e riappare come in un incubo, per le famiglie si precipiterà a fine anno in un micidiale imbuto di scadenze fiscali. di Antonio Castro

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