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Ligresti, una vittima dei figli:impero caduto per cuor di papà

Paolo, Giulia, Salvatore e Jonella Ligresti

Andrea Tempestini
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Una retata di famiglia: sono stati arrestati tutti i Ligresti. Salvatore, il padre, è finito ai domiciliari. Le figlie Jonella e Giulia sono in cella. Paolo invece è ricercato: è in Svizzera. Secondo gli inquirienti il caso Fonsai ha causato danni a 12mila risparmiatori. Il gip spiega: "Erano pronti a fuggire". Segue il commento di Nino Sunseri. Rovinato dai figli. E come poteva essere diverso per un siciliano di Paternò? Perché nella lunga ordinanza che ha portato in galera la famiglia Ligresti e alcuni manager di primissimo piano del gruppo Fonsai, la parte più corposa è dedicata proprio ai ragazzi: Jonella, Giulia e Paolo Gioacchino nati dal matrimonio di Salvatore con Antonietta Susini, figlia di quell'Alfio a lungo provveditore alle opere pubbliche della Lombardia. Sono costati almeno una cinquantina di milioni agli azionisti della compagnia  i capricci di Jonella che si faceva sponsorizzare da Fonsai la passione per i cavalli.  Non solo il mitico Toulon ormai entrato nella leggenda dello sperpero, ma anche gli altri tre dai nomi meno noti e dal palmares più magro. Oppure le borsette di Giulia pagate con un contratto di comarketing che le assicurava contro il furto. Ma soprattutto assicurava le entrate più corpose a Gilli senza però impedire di segnare un bel record: in dieci anni di attività l'azienda di design e pelletteria creata da Giulia non ha mai chiuso un bilancio in utile. Poi Paolo Gioacchino, l'unico maschio che però il padre non ha mai considerato il suo erede, ruolo che era stato assegnato a Jonella. E come avrebbe potuto visti i risultati di Atahotels, la compagnia alberghiera gestita dal ragazzo? Anche qui un disastro sanato dal solito, provvidenziale intervento di Fonsai che rileva tutto. La famiglia come zavorra che, fino all'ultimo si rifiuta di accettare il crollo dell'impero. Jonella, Paolo e Giulia che, contro ogni logica, cercano di opporsi alla fusione con Unipol convinti di poter ancora influenzare la gestione del gruppo nonostante abbiano contribuito a stroncarlo. Jonella che si rende protagonista di un episodio tanto inquietante quanto misterioso. Si reca nell'ufficio di Alberto Nagel, a Mediobanca con un registratore. Vuole la conferma della lettera di garanzia con cui la banca li ha convinti a farsi da parte. Il documento assicura una liquidazione di 45 milioni alla famiglia e qualche contratto di consulenza ai ragazzi perché non debbano stringere troppo la cinghia quando non saranno più i padroni. Il nastro finisce in Procura e la lettera viene trovata dopo una contestatissima perquisizione nello studio di Cristina Rossello, segretaria del patto di sindacato di Mediobanca. C'è in effetti una sigla di Nagel ma solo per presa visione sostiene il banchiere visto, fra l'altro, che il vecchio Salvatore minacciava gesti estremi. Che cosa non si fa per i figli: addirittura pronto al suicidio.  In ogni caso l'iniziativa di Jonella non sortisce alcun effetto se non far passare una pessima estate del 2012 a Nagel. E comunque che mancanza di stile, che rozzezza: presentarsi ad un appuntamento privato con un registratore nascosto nella borsa. Proprio rovinato dai figli. Anche adesso Paolo Gioacchino latitante che non ne vuol sapere di costituirsi. D'altronde, secondo la Procura i ragazzi si preparavano a fuggire alle Cayman con un tesoro di 14 milioni. Chissà se il vecchio patriarca li avrebbe seguiti. Ha ottant'anni e la perdita dell'impero lo ha scosso. L'hanno messo ai domiciliari. Ma il carcere l'aveva conosciuto  ai tempi di Tangentopoli trascorrendo un po' di tempo a San Vittore. A differenza di altri personaggi sottoposti al trattamento di Antonio Di Pietro, non aveva parlato. Che cosa non si fa per la famiglia. In fondo anche un altro episodio assai misterioso aveva visto il vecchio Salvatore a presidio della famiglia. Nel 1981 la moglie, Antonietta Susini  viene rapita a Milano, per essere  rilasciata un mese dopo a Varese. Un sequestro finito dopo il pagamento di un riscatto, ma con conseguenze oscure. Le indagini portano ad appartenenti a famiglie mafiose: tre di questi cinque verranno ammazzati a Palermo durante la latitanza, un altro sparisce nel nulla e solo il quinto viene arrestato. Girano le voci di una presunta vicinanza tra Ligresti e Cosa Nostra. La Procura di Roma apre un'indagine ma la pratica viene archiviata.  Adesso, anche per colpa della famiglia, il vecchio Ligresti ha perso tutto: prima il potere, poi la ricchezza, ora l'onore. Come Mazzarò, come i Malavoglia, come Mastro Don Gesualdo, i protagonisti del ciclo dei “Vinti”. A scriverlo Giovanni Verga, forse non a caso, catanese, come don Salvatore. di Nino Sunseri

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