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Istat, cala la spesa alimentare per colpa della crisi

L'Istituto di statistica fotografa il carrello: la percentuale delle famiglie che ha ridotto la quantità e/o la qualità dei generi alimentati è schizzata dal 53,6% al 62,3%

Ignazio Stagno
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Come nel dopoguerra. Meno pasta e meno pane. La storia si ripete, ma qui non c'è stata nessuna guerra. L'Istat fotografa la crisi e mette il naso ei carrelli della spesa che spingono ogni giorno milioni di italiani. Ebbene la foto è in bianco e nero. Il carrello è vuoto come il portafoglio. Gli ultimi dati sui consumi alimentari diffusi dall'istituto nazionale di statistica parlano chiaro. Nel 2012 la percentuale delle famiglie che ha ridotto la qualita' e/o la quantita' dei generi alimentati acquistati è schizzata al 62,3% dal 53,6% dell'anno precedente. L'Istat, inoltre, sottolinea come oltre sei nuclei su dieci mettano in atto strategie di contenimento dei consumi per i prodotti della tavola. Insomma si mangia meno, per spendere meno. E' l'unico modo per gli italiani per combattere la crisi. Mentre il governo tratta su Imu e Iva, e rinvia ogni possibile decisione per portare risorse nelle tasche del Paese e ridare ossigeno al potere d'acquisto, gli italiani dimagriscono.  La crisi si siede a tavola -  Considerando l'inflazione al 3%, la spesa e' diminuita “anche in termini reali”. Il valore mediano della spesa mensile familiare, cioe' quello al di sotto del quale si colloca la spesa della meta' delle famiglie residenti, e' pari a 2.078, identico a quello del 2011, a seguito della piu' marcata diminuzione della spesa tra le famiglie con livelli di spesa elevati. La spesa alimentare e' sostanzialmente stabile, passa da 477 a 468 euro, ma piu' di 6 famiglie su 10 hanno ridotto la qualita' e/o la quantita' dei generi alimentari acquistati (62,3% delle famiglie dal 53,6% del 2011). L'ultima isola felice si chiama hard discount. La famiglie che fanno la spesa nei supermercati low cost sono aumentate dal 10,5% al 12,5%.  La spesa non alimentare diminuisce del 3% e scende nuovamente sotto i duemila euro mensili. La quota di spesa alimentare sale al 19,4% dal 19,2%: l'aumento piu' consistente si registra nelle regioni centrali (dal 18,4% al 19,3%) ma e' nel Mezzogiorno che, ancora una volta, si osservano i valori piu' elevati (25,3%). Insomma c'è chi cerca di cambiare i prodotti. C'è chi li elimina e infine c'è chi investe tutto in un bene primario come il cibo. Triste cronaca di un'Italia che fu, e che c'è ancora. Purtroppo. (I.S.)

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