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Il Vecchio Continente senza euroha retto meglio la grande crisi

I numeri parlano chiaro: i Paesi fuori dalla moneta unica hanno potuto mettere in campo politiche anti-recessive. E così sono ripartiti prima di noi

Andrea Tempestini
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Secondo autorevoli economisti, i Paesi aderenti all'Unione europea, e di più quelli che fanno parte dell'area euro, hanno retto meglio all'im - patto della crisi perché hanno navigato compatti nella tempesta che da oltre cinque anni sta falcidiando l'Occidente. In particolare l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna, la Grecia e probabilmente anche l'Italia, sarebbero falliti se non avessero adottato una moneta stabile, l'euro.  La moneta unica ha come sottostante il Pil di 17 Stati, tra cui la pesantissima Germania. Le singole valute dei Paesi più deboli, in navigazione solitaria, non ce l'avrebbero fatta. Il fronte anti-euro sostiene invece che se gli Stati in crisi avessero avuto la moneta nazionale, lavorando su svalutazione e inflazione, sarebbero riusciti ad avere tassi di crescita, grazie all'export, e di occupazione di gran lunga migliori dell'attuale. Inoltre i governi senza i vincoli imposti da Bruxelles, avrebbero più soldi in cassa emeno imposte per i loro cittadini. Ma come è andata in questi anni l'economia dei paesi europei che non fanno parte dell'Ue? La crisi ha colpito certamente anche molti di loro. C'è però chi, usando la propria autonomia, è riuscito a limitare i danni e a riprendersi prima di noi. Togliamoci subito la Svizzera, che fa storia a sé. La cassaforte d'Europa, che dipende molto dalle sue banche, ha registrato una decrescita del Prodotto interno lordo, la ricchezza di una nazione, nel solo 2009 (-1,9%).  L'anno successivo l'economia del piccolo ma ricco Paese europeo è volata del 3%. Nel 2011 e nel 2012 la crescita si è ridimensionata per il calo delle esportazioni a causa del rafforzamento del franco, ritenuta dal mondo moneta rifugio, toccando il punto minimo lo scorso anno con un +1%. Le previsioni però sono di un +1,4 e un +1,9% rispettivamente nel 2013 e nel 2014. Quello che davvero si invidia alla Svizzera è la ricchezza procapite, una tra le più alte al mondo. Secondo i dati di Eurostat, il prodotto interno lordo depurato dall'inflazione (e quindi paragonabile agli altri Stati) è pari a quasi 40.000 euro per abitante (dato 2011) contro i 25.100 dell'Italia. Gli abitanti della Turchia hanno un potere d'acquisto procapite basso, se paragonato al nostro. Il Pil per abitante depurato dalla crescita dei prezzi - l'inflazione è piuttosto alta - è stato nel 2011 di 13.100 euro. Ma negli anni della crisi ha segnato solo minimi passi indietro. E la crescita del Prodotto interno lordo, anche in questo caso, è risultata negativa nel solo 2009 (-4,8%). Nei due anni successivi, Ankara ha messo a segno un +9 e un +8,8%. Le previsioni per questo e il prossimo anno sono sempre con il segno più (+3,2 e +4%) e questo nonostante l'economia del Paese sia molto legata, dal punto di vista commerciale, con quella dell'Unione europea.  La Norvegia ha ripetutamente detto no all'ingresso nell'Unione europea. Eppure ha retto bene alla crisi. Oslo ha un Pil per abitante, depurato dall'inflazione, quasi doppio rispetto a quello italiano e i tassi di crescita, ad eccezione del 2009, si sono mantenuti sostenuti. Le previsioni 2013-2014 parlano di un +2,6 e +2,5%. La congiuntura negativa del 2009 è stata riassorbita in fretta senza che i conti pubblici e l'occupa - zione ne risentissero in modo significativo. La ricchezza proveniente dal petrolio, dalle altre materie prime esportate e dalla pesca è più che sufficiente a fare del Paese un'oasi in mezzo al deserto. E non è solo per la bassa densità della popolazione, ma il merito sta in una gestione della cosa pubblica invidiabile. Le tasse sono alte ma lo Stato restituisce molto ai cittadini.  La Poloniafa parte dell'Unio - ne europea ma non ha l'euro. E, sembra, non ha più tanta fretta di farvi parte. L'inflazione è di poco più di un punto percentuale più alta della nostra e la crescita della sua economia si è mantenuta più sostenuta rispetto alla media del Vecchio continente. Il punto debole sta però nella disoccupazione. Il Paese, senza l'argine della moneta unica, se l'è cavata piuttosto bene, anche grazie al contenimento della spesa pubblica e al piano di privatizzazione. Anche la Lituania, la Lettonia e la Bulgaria, Paesi comunitari, frenano sull'ingresso in Eurolandia. Seppure le loro monete siano legate all'andamento dell'euro, preferiscono prendere tempo e gestire le loro economie in autonomia. Ci sarà pure un motivo.  di Antonio Spampinato

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