Negli Usa ci credono: "Fiat arriva"Ma sarebbe un danno per l'Italia?
Il mercato in ripresa, ma non per il Lingotto (che viene sempre cospicuamente finanziato con soldi pubblici). Il trasloco, un'idea da non buttare
Lo scoop è del colosso mediatico Bloomberg: Sergio Marchione sarebbe pronto a trasferire la sede legale della Fiat a da Torino a Detroit dopo aver portato a termine la fusione con la Chrysler. La notizia è stata smentita dalla casa automibilistica torinese: il rituale comunicato con cui vengono scacciate le voci sul trasloco. "Il tema non è all'ordine del giorno", dice il Lingotto. Forse non di questo giorno, ma del prossimo. Sia come sia, una domanda sorge spontanea: siamo sicuri che se Fiat lasciasse l'italia sarebbe una perdita? In fin dei conti basta guardare i numeri per rendersi conto di quanto il mercato italiano sia asfittico: ad aprile, nei 27 Paesi Ue più quelli Efta il gruppo Fiat ha venduto 68.181 nuove auto, in calo del 9,8% rispetto al 2012. A marzo le vendite del Lingotto erano scese dell'1,2%. Nei primi quattro mesi il gruppo torinese ha ceduto il 9,3% a 266.121 unità. Numeri che tendono a separare sempre più i destini del Lingotto da quelli italiani. Eventualità che, considerati i copiosi finanzianmenti statali che negli anni sono stati generosamente concessi dalla politica, in termini di cassa non graverebbe così tanto al Belpaese. Se Fiat andasse negli Usa per l'Italia sarebbe meglio? Vota il sondaggio su Liberoquotidiano.it Segue l'articolo di Nino Sunseri sulle voci sul trasferimento di Fiat negli Stati Uniti di Nino Sunseri Arriva lo Zio d'America. Piazza Affari scommette sulla fusione Fiat-Chrysler. La nuova società sarebbe quotata a Wall Street e avrebbe quartier generale a Detroit. In Borsa il Lingotto conferma un rialzo dello 0,3% perfettamente in linea con l'indice generale. Un sostanziale consolidamento all'indomani di un balzo del 7,6%. Il motore a stelle e strisce, che ha ingranato la quinta nelle vendite mentre in Europa c'era la retromarcia, ha spinto il titolo in rialzo del 60% in un anno. Con tanto di importanti soglie psicologiche rotte: il titolo quota intorno a 5,40 che non si vedeva dall'agosto 2011. A mettere le ali sono le aspettative di un'accelerazione della fusione tra la l'azienda italiana e Chrysler. L'unione, secondo indiscrezioni rilanciate ieri l'agenzia Bloomberg, potrebbe portare anche al trasferimento della sede da Torino a Detroit. Ipotesi più volte ventilata che resiste a tutte le smentite (compresa quella arrivata puntualmente ieri). Tuttavia soluzione sempre più ragionevole a fronte del crescente peso del Nord America sul giro d'affari del gruppo. Per capire basta un dato: nel 2004 l'Europa pesava per il 90%. Oggi è ferma al 24%. Per quanto riguarda gli utili la proporzione è ancora più sfavorevole visto che l'Italia è in perdita e il resto delle vendite nella Ue forniscono margini risicati. I guadagni arrivano tutto dallo Zio d'America: Stati Uniti ma anche Brasile. Né ci sono segno di inversione. Ieri sono stati diffusi i dati preliminari di aprile nel Vecchio Continente: a fronte della crescita del mercato dell'1,6% la Fiat arretra del 12,7%. Lo share scende dal 7,6 al 6,5%. Il trasferimento a Detroit, tra l'altro avrebbe anche un senso finanziario per la maggiore facilità d'accesso al mercato dei capitali Usa. L'ipotesi circola da tempo ma, secondo Bloomberg, sarebbe stata confermata da «persone vicine al dossier». Il Detroit Free Press riporta, citando fonti aziendali, che «la decisione sulla sede della futura Fiat-Chrysler sarà ritardata almeno fino a quando non sarà stabilito l'esatto importo da pagare alla Veba per il restante 41,5% della Chrysler». A inceppare i piani di fusione infatti c'è la controversia con il fondo pensione dei metalmeccanici sul prezzo. La parola spetta al tribunale del Delaware che dovrà decidere qual è il valore del 41,5% delle azioni in mano al fondo dei dipendenti di Chrysler. Nel frattempo non è escluso che le diplomazie possano trovare un accordo prima. Anzi, in queste settimane i contatti si sarebbero intensificati. I gestori del fondo puntano a ottenere il prezzo più alto possibile ma non hanno interesse a irritare Marchionne. Sul tavolo del negoziato ovviamente c'è spazio anche per altre questioni. Per esempio la distribuzione geografica delle funzioni e la sede. In ogni caso, rassicura Marchionne, la localizzazione del quartier generale è irrilevante: sedi regionali sono necessarie sia in Nord America sia in Europa, sia in America Latina e Asia. «La sua sede principale è un aereo» chiude la questione il portavoce di Chrysler.