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Oggi è la festa di lavoro, ma non per 5,4 milioni di italiani disoccupati. "Ecco come uscire dalla crisi"

Stime allarmanti, l'esperto Brambilla dà la sua ricetta choc "per creare subito 250mila posti"

Giulio Bucchi
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Oggi è la Festa del lavoro, ma c'è poco da gioire. Secondo una stima drammatica della Cgia di Mestre, sono 5.4 milioni gli italiani disoccupati, e a fine 2013 altri 520mila resteranno fuori dal mercato. Il tasso di disoccupazione resta stabile, ma quello di giovani e donne senza prospettive sale al 38,4 per cento. Il professor Alberto Brambilla, intervistato da Giuliano Zulin, prova a dare una ricetta per uscire da questa crisi e "creare subito 250mila posti". di Giuliano Zulin Professor Alberto Brambilla, ha visto i dati sulla disoccupazione? Lei, andando in contrasto con la Fornero, un anno fa  aveva profetizzato mezzo milione di disoccupati. Invece… «Invece sono stati quasi un milione; ovviamente sarebbe ingeneroso dare tutte le colpe alla riforma realizzata dall'ex ministro. Viviamo in un'epoca di grande competizione sui mercati internazionali dove 3,5 miliardi di individui (la metà della popolazione mondiale) stanno uscendo dalla miseria e dalla fame e producono con un costo del lavoro molto basso; non bisogna andare lontano, basta la Serbia dove la Fiat fa la 500 lunga e dove un operaio costa meno di 600 euro al mese (contro i nostri 2.500 euro). Tuttavia una parte della disoccupazione è dovuta agli errori della riforma, alla eliminazione delle flessibilità in entrata senza aver tolto quelle in uscita. Anzi le norme sono a tal punto complesse da disincentivare le assunzioni; si pensi solo alle mensilità da pagare nel caso si licenzi una persona assunta da più di due anni magari perché l'imprenditore non ha più lavoro. Chi paga le mensilità?».   Quello che colpisce è l'aumento della disoccupazione giovanile. Enrico Letta ha detto che la sua priorità è il lavoro. Ma c'è tempo per cambiare la riforma Fornero in tempi rapidi? «Letta è persona di grande buon senso e credo che con il neo ministro Giovannini potrà varare in tempi brevi qualche cambiamento... Considerando che quest'anno il deficit previdenziale puro potrebbe toccare i 20 miliardi (senza contare i trasferimenti a carico dello Stato per la parte assistenziale, 33 miliardi circa e quella per le pensioni sociali, le invalidità e le pensioni di guerra, cioè altri 22 miliardi circa) se posso permettermi consiglierei due cose: a) aumentare le flessibilità in entrata (cioè pieno ripristino dei contratti co.co.co e a progetto, delle associazioni in partecipazione e delle partite Iva, eliminando tutti i vincoli di età) per un periodo provvisorio di tre anni; b) tale flessibilità  non potrà superare il 30% del totale della forza lavoro tranne casi particolari di lavoro stagionale. In questo caso il lavoratore dovrà avere tutte le tutele di legge e la data di scadenza del rapporto di lavoro dovrà essere comunicata almeno con 2 mesi di anticipo. In alternativa adottare il contratto a tempo indeterminato per tutti ma con possibilità di massima flessibilità in uscita». Se non si interviene subito quanti posti si possono ancora perdere? Tra l'altro è aumentata la spesa dell'Inps per la Cig nelle grandi imprese… «Intanto se non si aumenta l'occupazione è l'intero sistema del welfare ad avere grossi problemi; ci sarà deficit previdenziale e sarà difficile disporre di risorse per gli ammortizzatori sociali con problemi di coesione sociale gravi. Non fare nulla significa esporsi al rischio di aumentare ancora la disoccupazione». Con la sua proposta quanti posti si possono creare in pochi mesi? «Considerato il settore del turismo e i servizi collegati, consentire di assumere, sapendo che non si è vincolati a eccessive rigidità, potrebbe portare in poco tempo a più di 250.000 nuovi occupati. Intendiamoci, a tutti piacerebbe avere il posto fisso, certezze e garanzie; purtroppo ci dobbiamo adeguare a questo cambiamento epocale. Del resto tutti volevamo la riduzione della fame nel mondo; finalmente questo grande obiettivo dell'umanità si sta verificando. Soffriremo di più noi europei abituati a un welfare generoso ma dovremmo essere felici che molti nostri simili escano dalla miseria. Noi facciamo parte del miliardo di abitanti che consuma il 50% di tutto il welfare mondiale; dovremmo riflettere. Sono convinto che anche i sindacati che sono stati fondamentali nel riformare le pensioni e il mercato del lavoro (si pensi alla riforma Treu e Dini) sapranno trovare il giusto equilibrio tra flessibilità e sviluppo». Confesercenti certifica che dal 2008 sono spariti oltre 400mila occupati fra gli autonomi. Ci vorrebbe anche una botta fiscale, no? Si parla di Imu sulla prima casa. Ma quella sugli esercizi commerciali o sui fabbricati agricoli fa ancora più male… «In Italia abbiamo circa 7 milioni di lavoratori autonomi tra commercianti, artigiani, imprenditori, liberi professionisti e parasubordinati; noi ci riferiamo sempre ai lavoratori dipendenti per indicare la precarietà. Ma nella situazione attuale i precari sono anche tantissimi autonomi che non sanno se avranno ancora un reddito domani. Ridurre o rimodulare l'Imu sulla prima casa può essere corretto ma attenzione che facendo gravare l'Imu sui negozi e sulle attività produttive si corre il rischio di far chiudere un sacco di aziende, uffici e negozi con ulteriore disoccupazione. Sarebbe un disastro se non si riducesse l'Imu anche sulle attività». Mastrapasqua ha scritto al governo per dire che l'Inps rischia grosso nel 2015, per colpa dell'incorporazione dell'ex Inpdap. Il 18-19-20 maggio organizzerà la giornata della previdenza. La sua proposta su lavoro e fisco può far respirare anche l'Inps? «Certamente sì; si ridurrebbe la spesa per ammortizzatori sociali, quella veramente grande delle “contribuzioni figurative” (i contributi che lo Stato paga per quelli che beneficiano degli ammortizzatori sociali); aumenterebbero i contributi versati dai lavoratori. Ciò significherebbe più fiato all'Inps ma anche un incremento dei consumi; un circolo virtuoso che potrebbe anche scongiurare l'aumento dell'Iva».

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