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Monti non vuole togliere l'Imu

Lucia Esposito
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  di Fausto Carioti  Allievo dei gesuiti e cattolico osservante, Mario Monti conosce il libro dell'Ecclesiaste e sa che «per ogni cosa c'è il suo momento, c'è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare». Il tempo delle risate e dei balli il presidente del Consiglio l'ha avuto in campagna elettorale, quando per timore di perdere strada rispetto a Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi si era messo a spararne una al giorno, con tanti saluti alla sobrietà e alla presunta differenza antropologica dei professori rispetto ai politici. Bufale vere e proprie, spesso più grosse di quelle cacciate dai suoi rivali. Con la differenza che su quelle di Monti spiccava, sino a prova contraria, il bollino della serietà e della competenza. Sulla promessa più grande  fatta da Monti nei giorni  precedenti al voto, quella che tagliare subito l'Imu sulla prima casa era possibile, anzi necessario, la prova contraria è arrivata ieri. L'autore della smentita è al di sopra di ogni sospetto: si tratta dello stesso presidente del Consiglio e dell'intero governo dimissionario, che l'hanno messa per iscritto e allegata al Documento di economia e finanza (Def, per gli addetti ai lavori) approvato ieri a palazzo Chigi.  Stangata eterna -  In una nota sull'andamento futuro dei conti pubblici si legge che «la minore crescita delle entrate tributarie a partire dal 2015 rispetto agli anni precedenti risente del venir meno del regime dell'Imu “sperimentale” e dei coefficienti catastali maggiorati. Qualora la fase sperimentale dell'Imu non dovesse essere confermata, futuri governi dovranno provvedere alla sostituzione dell'eventuale minor gettito con interventi compensativi». Monti, in parole povere, non solo mette nero su bianco che l'Imu non deve essere tagliata, negando quanto affermato nei giorni prima del voto, ma chiede un inasprimento della legislazione fiscale in vigore, da lui stesso varata.  L'attuale Imu è infatti «sperimentale»: nel dicembre del 2011, con il decreto Salva Italia, il governo dei tecnici anticipò al 2012 l'entrata in vigore della «imposta municipale propria», prevista in precedenza per il 2014, reintrodusse il prelievo sulla prima casa e ne amplificò l'effetto aumentando del 60 per cento le rendite catastali delle case. Per decisione dello stesso esecutivo, l'imposta avrebbe dovuto avere queste caratteristiche straordinarie per “soli” tre anni: il tempo necessario ad uscire dal tunnel. Ieri Monti e Vittorio Grilli hanno detto invece che in futuro non ci sarà spazio per alcuna riduzione: le prime case degli italiani sono condannate alla stangata eterna. Dal 2015 «viene ad esaurimento la parte dell'Imu sulla prima casa e quella che riguarda l'aumento della rendita catastale», ha ricordato il ministro dell'Economia, e questo produrrebbe un buco di 11 miliardi. Siccome lo Stato non se lo può permettere, occorre cambiare le norme per trasformare la stangata da «sperimentale» a definitiva. Ennesima conferma del fallimento della spending review del governo (avessero sul serio tagliato le spese, ora si potrebbe ridurre la pressione fiscale), nonché dell'aforisma di Giuseppe Prezzolini per il quale «in Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio».   Umanamente comprensibile lo shock dei vertici di Confedilizia, l'associazione dei proprietari di immobili: «Il Paese ha votato contro l'Imu, il mercato immobiliare è allo stremo, nel settore manca ormai ogni investimento. A gran voce, chi è preoccupato dell'impoverimento generale che l'Imu ha creato, con conseguenze fatali sui consumi e sulle famiglie, reclama da subito la revisione dell'imposta, con particolare riferimento anche alle case affittate ai meno abbienti». Richieste alle quali l'esecutivo ha appena risposto in maniera «diametralmente opposta, fino ad approvare un Def che non solo non lascia spazio alla richiesta revisione, ma addirittura mette in guardia dal fatto di non prorogare l'Imu sperimentale anche dopo il 2014». Morale: «Pare proprio che questo governo viva sulle nuvole, staccato dalla terribile realtà del Paese». L'altro Monti -  Eppure un altro Monti era possibile. E forse persino un'altra Imu. Il premier che ieri ha chiesto di rendere perenni la stangata sulla prima casa e gli estimi catastali ipertrofici è lo stesso che l'11 febbraio assicurava la platea degli industriali brianzoli che l'Imu sarebbe stata «gradualmente ridotta a partire dal 2013, rendendola ancora più progressiva per eliminarla da circa la metà delle prime case». Nessun accenno agli «interventi compensativi», diventati ieri improvvisamente indispensabili. Anzi, in quegli stessi giorni Monti andava in giro per l'Italia e nei telegiornali a spiegare che dal 2014 sarebbe stato possibile tagliare anche l'Irpef e l'Irap, aumentando nello stesso tempo gli sgravi alle imprese. Finita nel modo che si è visto la sciagurata avventura politica di Scelta civica, e con essa l'esigenza di fare il simpatico a tutti i costi, si è potuto insomma rivedere il tecnocrate che si era presentato ai contribuenti come l'esattore spedito da Bruxelles. Dopo il tempo delle risate e dei balli siamo tornati a quello dei pianti e dei gemiti, senza dubbio più congeniale al Professore e alla sua squadra.  Post scriptum. Preso atto di come Monti tratta le proprie promesse elettorali, Libero, quotidiano impegnato da sempre nella difesa degli animali, si augura che la stessa fine della promessa di tagliare l'Imu non l'abbia fatta Empy, il cagnolino che un Monti in piena operazione-simpatia e alla disperata ricerca di consensi adottò in diretta televisiva durante la puntata delle Invasioni barbariche del 6 febbraio. Sarebbe quindi gradita una prova del fatto che il cucciolo non è stato trattato come i proprietari di immobili e gode tuttora di buona salute. Particolarmente apprezzata foto della creatura ritratta accanto alla prima pagina di un giornale odierno. Va bene anche un quotidiano tedesco. Grazie.    

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