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Spread, ultima beffa: lui scende,ma non i tassi per le aziende

Quando il differenziale Btp-Bund sale, i prestiti immediatamente costano di più. Eppure se invece cala, restano immutati: e noi paghiamo

Andrea Tempestini
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  di Ugo Bertone Le imprese italiane pagano il prezzo più alto per l'aumento dello spread. A ogni incremento di 100 punti della forbice tra i Btp e Bund, corrisponde un maggio costo  attorno al 25% per  la provvista da parte del sistema bancario.  Questo maggiore importo  si trasmette, ovviamente accresciuto,  con grande rapidità ai clienti: nel giro di tre mesi il  30-40% dell'aumento si scarica sulle imprese, salvo poi salire al 50-60 nei sei mesi. Ma il salasso non stato  è eguale per tutti: il prezzo più alto lo hanno pagato le piccole e medie imprese, cui è stato tra l'altro tagliato il 50% circa del credito disponibile. Come è già successo in occasioni precedenti. Ma stavolta c'è una differenza: il credit crunch che  ha caratterizzato la stagione di Lehman Brothers era frutto della stretta da parte delle banche, che non erogavano nuova finanza. Oggi, al contrario, è bruscamente scesa la domanda da parte delle imprese, stremate. (...) Come spiega Ugo Bertone su Libero di martedì 9 aprile, abbiamo a che fare con una finanza a perdere: scende lo spread, ma non calano i tassi per le aziende. Quando il differenziale Btp-Bund sale, infatti, i prestiti costano immediatamente di più. Se invece cala, i tassi restano immutati. Si tratta dell'ennesima beffa. Leggi l'approfondimento di Ugo Bertone su Libero di martedì 9 aprile  

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