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Soldi alle imprese: procedura-rebus su internet

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Oggi il via libera del Consiglio dei ministri al decreto sui debiti della pubblica amministrazione

Matteo Legnani
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Una corsa a ostacoli per costringere la pubblica amministrazione a pagare le fatture scadute. Ma per le aziende che riusciranno a essere  rimborsate c'è  il rischio di veder saltare  appalti e contratti futuri. Mentre è già cancellata, di fatto, la speranza di veder calare l'Imu,  visto che lo sblocco dei debiti della pa viene  vincolato (in parte) al gettito sulla casa e altri balzelli locali.  Queste, in sintesi, le trappole e le tagliole, più o meno mascherate, infilate dal Governo tecnico nell'operazione sugli arretrati della pa da 40 miliardi di euro. Il giudizio finale sul decreto legge che l'esecutivo, salvo sorprese, varerà oggi potrà essere assegnato solo dopo aver letto il testo finale. Le misure contenute nella bozza circolata ieri, però, sembrano l'ennesima presa in giro dei professori, sia per le imprese sia per i cittadini. La prima fregatura è nella somma stanziata: Stato, comuni, province e regioni devono restituire alle imprese fornitrici circa 100 miliardi di euro, una montagna che in parte alimenta una sorta di bilancio occulto dello Stato. Fatto sta che oggi verrà più o meno autorizzato il pagamento di 40 miliardi. Calcolatrice alla mano vuol dire che una sessantina di miliardi restano fuori dal provvedimento. Che fine faranno? Qualcuno, fra gli imprenditori, teme il colpo di spugna. Ma potrebbe trattarsi di timori non fondati. Anche se, qualora l'andamento dei conti pubblici dovesse esser peggiore delle stime, il governo potrà abbassare la previsione di 40 miliardi. Dunque, occhi aperti. A cominciare dal provvedimento, forse uno degli ultimi firmati dal premier Mario Monti, che stamattina sarà al centro della riunione a palazzo Chigi.     Il decreto, 12 articoli in tutto, prevede, come accennato,   la restituzione di 40 miliardi totali, 20 miliardi l'anno tra questo e il prossimo divisi in diversi fondi, la cui copertura finanziaria è assicurata con   titoli di Stato. Per pagare gli interessi sui nuovi bond del Tesoro, sono previste riduzioni di spesa per i ministeri. E qui scatta il primo allarme rosso.  La spesa che i dicasteri potranno tagliare è quella relativa alle «dotazioni finanziarie disponibili»: non si potranno attaccare gli stipendi, tanto per fare un esempio, ma andranno colpite le forniture. Che  vuol dire dare una sforbiciata agli appalti o ai contratti di beni e servizi. Di fatto, è come se una parte dei soldi che arriveranno nelle casse delle imprese saranno coperti da sacrifici delle stesse imprese. Quanti? Alcuni miliardi di euro, secondo le diverse scadenze di bot e btp che via Venti Settembre piazzerà sul mercato. Una stima esatta, al momento, è difficile. Ma la fregatura è praticamente certa.  Come è scontato l'addio al taglio di due imposte locali: la tassa sulla casa  dei comuni e l'imposta sulle assicurazioni auto responsabilità civile) incassata dalla province. Il decreto prevede infatti che gli enti locali possano alzare da tre a cinque dodicesimi la quota di denaro da spendere sulle anticipazioni di tesoreria. E fin qui tutto ok. Quei due dodicesimi in più «concessi» dal Governo vanno vincolati, come se fosse una garanzia, a una quota corrispondente del gettito dell'imu (per i comuni) e dell'imposta sull'rc auto (per le province). Una mossa che in sostanza lega le mani di sindaci e presidenti di provincia (che potranno chiedere anticipazioni alla Cassa depositi e prestiti): o paghi le imprese o cerchi di abbassare i tributi ai cittadini. Pieno  di insidie il procedimento per  il rimborso. Il primo, complicato passo è legato a una  procedura online con la quale l'impresa  deve ottenere una sorta di certificato sul credito vantato nei confronti di un ministero o di un ente territoriale qualsiasi.   E visto che la pa, su internet, zoppica  parecchio,  la sensazione è che sarà una mission impossible rispettare la scadenza del 15 settembre. Qualora ci fossero degli scostamenti tra la somma richiesta da un'impresa e quella riconosciuta dall'amministrazione, si può nominare un commissario. E poi, magari, si finisce a   litigare in tribunale.  di Francesco De Dominicis

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