Mutui, la tentazione allo sportello ecco quando cedere al tasso fisso
Con l'Euribor rasoterra, molti istituti propongono di abbandonare la rata variabile. Ma conviene se la differenza non supera il 2% e a scadenza lontana
di Tobia De Stefano Di solito inizia con una telefonata della banca che offre la possibilità di trasformare il proprio mutuo da variabile a fisso. Quindi parte la mail che entra nei dettagli, ma non troppo. E infine, se ovviamente c'è l'assenso, si arriva all'incontro decisivo. Questa la trafila, che sta prendendo sempre più piede negli ultimi mesi, ci è stata raccontata nel dettaglio da mutuatari incerti sul da farsi. In soldoni, alcuni istituti di credito, visto che l'Euribor ormai ristagna ai minimi storici (l'indice a un mese è allo 0,12, quello trimestrale allo 0,20, il sei mesi allo 0,33 e l'annuale allo 0,54%) hanno preso di mira i mutui variabili sottoscritti quando lo spread chiesto al cliente viaggiava poco sopra l'1% (prima del settembre 2011 quando la crisi dell'Eurozona ha contagiato anche l'Italia). Fatti due conti, questi prestiti rendono al momento decisamente meno dell'inflazione e quindi trasformare il mutuo in un tasso fisso (i migliori non vanno sotto il 5%) permette alla banca di incassare decisamente di più. Allora si tratta di una fregatura? No, o almeno non sempre. Come in tutte le cose della finanza bisogna vedere caso per caso, valutare la condizione soggettiva e decidere. «In qualsiasi momento – spiega a Libero Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it - se una banca mi dice di passare dal variabile al fisso mi dà una garanzia, perché sono sicuro di avere una rata costante da qui fino alla morte del mio contratto. Mettiamola così: il mutuatario dovrà essere consapevole che nei primi anni si pagherà qualcosa in più ma in cambio otterrà la garanzia di pagare mese dopo mese sempre la stessa somma senza rischi di repentini balzi della rata. Questa condizione è quasi insignificante per chi ha un reddito che copre abbondantemente la rata del mutuo, ma se parliamo di una famiglia media con figli a carico, allora il fisso diventa una sicurezza importante perché consente di pianificare meglio le spese per il futuro». Certo, tutto vero, ma poi bisogna vedere il tasso… «Appunto. Sintetizzando è possibile dare quest'indicazione: se la differenza tra il tasso (variabile) attuale e quello fisso (proposto) non supera l'1,5% o al massimo arriva al 2% allora il cambio diventa un'opportunità, altrimenti bisogna pensarci molto bene». Esempio: se oggi si pagano interessi su un tasso variabile pari all'1,7% e l'istituto propone un tasso fisso al 3,2%, può convenire andare avanti nella trattativa, se invece chiede il 5%, nisba. «Ma, comunque, anche nel primo caso sarà bene valutare altre condizioni». Per esempio? «Il fattore temporale. È ovvio che se ho un trentennale stipulato nel 2010 avrò maggiore convenienza a passare al fisso, mentre se mi restano da pagare solo pochi anni allora il discorso cambia completamente. Anche perché i principali istituti economici internazionali prevedono calma piatta da qui almeno fino alla fine dell'anno e di conseguenza ipotizzare a breve fiammate dell'Euribor è davvero molto difficile». In soldoni: chi ha un variabile con un buono spread continuerà a pagare interessi davvero bassi almeno fino alla fine del 2013. Ultima annotazione, ma non per questo meno importante. Anzi. «Il cliente – continua Anedda – deve sempre verificare che la proposta della banca faccia davvero riferimento al tasso finito (Eurirs più lo spread) e che riguardi l'intera durata residua del prestito. Perché se, per esempio, una clausola dovesse prevedere di ricontrattare il mutuo dopo cinque anni, allora tutte le valutazioni inziali andrebbero rifatte».