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Un voto contro euro e tasse:così l'Italia ha detto basta

Promosso chi, come Berlusconi e Grillo, si propone di abbassare il carico fiscale e di rinvigorire le nostre imprese. Bocciato chi, come Bersani e Monti, ha in testa solo i diktat europei

Andrea Tempestini
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Dettagli. Restano soltanto da definire i dettagli. Ma la ciccia, la sostanza è chiara. Lampante. Non si tratta soltanto della cronica incapacità della sinistra di vincere, non si tratta soltanto del fatto che Pier Luigi Bersani passerà alla storia, con tutta probabilità, come il più grande perdente della storia repubblicana italiana. E non si tratta nemmeno dell'immortalità di Silvio Berlusconi o del botto fragoroso di Beppe Grillo. La sostanza è che l'Italia ha espresso un voto chiaro, nitido e senza possibilità di smentite contro le tasse e contro l'euro. Contro le tasse perché, è chiaro, ha fatto incetta di voti chi ha promesso di abbassare il carico fiscale (Berlusconi) mentre è stato bocciato chi voleva introdurre una patrimoniale (Bersani). Contro le tasse perché Grillo (come il Cav) si propone come alleato di quel tessuto imprenditoriale che è la spina dorsale del nostro Paese (al contrario di Bersani, che in dote ci avrebbe portato ancor più Stato, burocrazia e Fisco). Ma c'è un altro verdetto importante: quello contro l'euro. Contro la moneta unica - Il Cavaliere, tra una battuta e una "ritirata", non ha mai lesinato stoccate contro la moneta unica e contro le istituzioni che la governano. Istituzioni europee che, di riflesso (ma nemmeno troppo) ci hanno imposto il governo tecnico di Mario Monti e la strana maggioranza. "Ce lo ha chiesto l'Europa", era il refrain più in voga ai tempi dell'insediamento del Professore. E anche dopo. L'Europa, l'euro e lo spread ci hanno fatto camminare sui carboni ardenti dell'Imu, delle tasse, dei balzelli, della disoccupazione e della cupa austerità. Gli italiani hanno detto "basta", "stop". Questa una delle chiavi di lettura per interpretare il voto che ha decretato l'ingovernabilità del Senato e che ha consacrato Beppe Grillo con una vagonata di voti. Il leader del Movimento 5 Stelle è l'astro nascente (e abbagliante) del firmamento parlamentario. E Grillo, contro l'euro, ha sempre predicato, tanto da annunciare di voler promuovere un referendum contro la moneta unica. Effetto boomerang? - Un voto, quello contro l'euro, che non è soltanto "pancia". E' una scelta. Per altro molto rischiosa. C'è da scommetterci, appena riapriranno i mercati la pagheremo cara. La Borsa tracollerà, lo spread schizzerà alle stelle. Le prime avvisaglie ci sono state anche a urne aperte e durante lo spoglio. Si vociferava di un governo di sinistra solido, magari con l'appoggio di Monti, e i listini volavano. Lo spread scendeva. Poi si è delineato il quadro di incertezza, con un Senato ingovernabile, la Borsa ha azzerato i guadagni e lo spread è volato sopra i 300 punti base. Il segnale è chiaro: i mercati, l'Europa e l'euro, ci controllano e ci marcano stretto. Il voto di protesta potrebbe trasformarsi in un doloroso boomerang per gli italiani. Gli spettri sono quelli di una nuova crisi, di un nuovo governo tecnico, di altre manovre e sacrifici per compensare il fatto che l'Italia ha votato contro il Vecchio Continente, contro i diktat di Angela Merkel e contro la dittatura di una moneta che dalla sua introduzione non ci ha mai fatto percepire alcuna situazione di reale convenienza o vantaggio. Le tasche piene - Non è un caso che dopo le notizie filtrate dalle urne italiane l'euro abbia chiuso debole, sui minimi di giornata, in flessione a 1,32 dollari (e la flessione continuerà). Non è un caso che per il momento, dalle istituzioni continentali, sia giunto soltanto un preoccupato silenzio sul nostro voto. E ora, si chiedono, che si fa? Di margini per creare un governo ce ne sono pochi, anzi nulli. Le intese sono inesistenti. Probabilmente si tornerà al voto, con tutti i tempi tecnici e l'immobilismo parlamentare che ne consegue, e in un quadro così frammentato la possibilità che il fronte del voto anti-euro si espanda a macchia d'olio è tutt'altro che marginale. Tra le poche voci che si sono levate, ecco quella di Martin Schulz, da noi più celebre come il "kapò", oggi presidente del Parlamento europeo, da sempre fiero oppositore di Berlusconi. "Spero che l'Italia possa avere un governo stabile", ha detto quando già era chiaro che un governo stabile non ci sarebbe stato. Il signor Schulz predica nel deserto. Il dado è tratto. L'Italia, a suo modo, ha votato contro l'euro. Le conseguenze saranno esplosive e imprevedibili. Il futuro - della moneta unica e del nostro Paese - è tutto da scrivere. Il voto ha chiarito poco e nulla, se non che dell'euro gli italiani ne hanno le tasche piene (ovvio, solo in senso figurato).  

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