Partiti, elettori, media e cronisti:tutti caduti nella rete di Grillo
Con la censura e i modi "polizieschi" monopolizza le attenzioni. In questo Beppe è maestro, come insegnano il "bidone" a Sky e le sparate su Al Qaeda
di Francesco Borgonovo Altre due tacche sul cinturone da cowboy di Beppe Grillo. Intanto, l'ennesima piazza piena, quella di San Giovanni a Roma, con tutto il valore simbolico che può avere l'occupazione in massa di un luogo storico della sinistra: dopo i voti, i Cinquestelle sottraggono a Bersani anche i simboli. Certo, poi si può discutere del numero effettivo di presenti: ognuno dice la sua, per qualcuno sono un milione, per altri duecentomila (sembra di esser tornati ai tempi del «mille secondo il sindacato, cento secondo la Questura»). Fatto sta che San Giovanni era gremita, e tanto basta. Poi - seconda vittoria grillina - il comico si è guadagnato un'altra collezione di titoli sui giornali. Ha monopolizzato i telegiornali della sera, il suo comizio è rimbalzato ovunque, complici i problemi fisici che han costretto Berlusconi a evitare apparizioni pubbliche. Totale copertura mediatica. Ottenuta come? Cacciando i giornalisti. Già, perché la notizia è che lo staff dei Cinquestelle ha tenuto lontani i cronisti dal backstage del comico. Erano ammessi solo gli inviati di Sky e le televisioni straniere (più qualche giornalista amico, tipo quelli del Fatto). Tanto per rendere ancor più granguignolesca la situazione, è arrivato persino l'intervento della polizia. Le forze dell'ordine - come se non avessero di meglio da fare - han dovuto sedare le tensioni fra gli inviati imbufaliti e la sicurezza. Alla fine, pare dopo qualche ora di trattativa, la stampa italiana è stata autorizzata a entrare. Bene, grazie alla manovra censoria il comizio è finito sulle pagine di apertura di tutti i siti internet e dei tg. Se non ci fosse stata la sceneggiata di cui sopra, probabilmente i media avrebbero avuto meno carne in cui affondare i denti. Scrivere che «Grillo caccia i giornalisti» è molto più gustoso che titolare «Grillo riempie una piazza». Ecco perché non bisogna stupirsi di quanto accaduto ieri. L'allontanamento della stampa fa parte della strategia grillina. La quale, almeno in campagna elettorale, si è rivelata vincente. Intendiamoci: qualunque forma di censura dell'informazione, anche la più blanda, è deprecabile. Tenere alla larga gli inviati dei giornali non è propriamente un atteggiamento democratico. Giusto ieri ce la siamo presa con Rosy Bindi, che ha maltrattato un collega di Report. Il fatto è, però, che Beppe Grillo si è sempre comportato così. Da mesi, per dire, tuona contro la Rai. Vuole addirittura vendere due canali su tre. I suoi libri e i suoi comizi traboccano di invettive contro i pennivendoli panciafichisti (compreso quello di ieri: «Tutti si sono accorti di noi tranne le tv italiane. Loro inquadrano la nostra piazza quando ormai le nostre manifestazioni sono finite»). Ed ecco che, al mega evento conclusivo della campagna elettorale, gli imbrattacarte vengono presi a pesci in faccia. In questo modo, il comico genovese dimostra ai suoi fan la validità del principio «uno vale uno». Fa vedere che se ne frega della fuffa mediatica: sotto al palco devono stare gli elettori, mica i giornalisti privilegiati. Non solo: Grillo conferma così d'essere coerente con le sue affermazioni sulla stampa asservita. Siete alle dipendenze dei poteri forti? E io faccio entrare solo gli stranieri, magari assieme a un paio di amici miei più presentabili. È un trucco, chiaro. Perché l'amico riccioluto sa bene che rimbalzerà comunque su tutti i mezzi d'informazione. Dà materiale ai cronisti fingendo di non darlo. Semplice, ma efficace. Funziona allo stesso modo con la storia delle apparizioni televisive. Grillo ha rifiutato all'ultimo, la scorsa settimana, di entrare negli studi di Sky. Un bel trappolone in cui sono caduti tutti i partiti. Bersani, fra gli altri, si è messo a sbraitare e a dar lezioni di pluralismo (proprio lui...). Editorialisti e commentatori assortiti hanno contestato il gesto. E intanto il comico ha incassato una mole spropositata di pubblicità gratuita: tutti, di nuovo, parlavano solo di lui. Il messaggio che è passato alla popolazione è il seguente: Beppe ha fatto campagna senza andare in tivù. Come no: infatti in tutti i programmi e tg si parla ogni giorno di lui. Lo ha confermato ieri il comico stesso: «Io ho dato interviste a tutte le tv del mondo, da ogni parte sono venuti per vedere questo fenomeno nascente». Così, settimana dopo settimana, il numero delle piazze riempite fino all'ultimo centimetro è andato aumentando. E più Grillo invocava i missili di Al Qaeda contro il Parlamento, più il brusio attorno e su di lui cresceva. È questo il modo in cui il capoccia dei Cinquestelle ha gabbato i partiti, diventando oggi - a un giorno dalle elezioni - un pericolo da temere. Da una parte si è sottoposto a un tour massacrante nelle più remote località del Paese. Dall'altra ha beneficiato della grancassa mediatica, stimolata da provocazioni come quella di ieri. Volete una prova? Basta guardare quando Beppe è calato nei sondaggi. Nel momento in cui i media l'hanno trascurato, preferendo occuparsi delle primarie del Pd. E quando l'ingresso spumeggiante di Berlusconi nell'agone lo ha oscurato. In quei giorni, non ha smesso di battere lo Stivale, di stare sul territorio, come si dice. Alla prima occasione ha ripreso a tirare cannonate. Morale della favola: oggi vola alto nei sondaggi grazie a un'astuta manovra a tenaglia. Ancora una volta, Grillo vince con una battuta. Non sua, ma di Nanni Moretti: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?».