Benzina, la festa è finita:con le maxi-acciseconsumi e entrate a picco
A gennaio, per il secondo mese consecutivo, lo Stato ha incassato meno (5,2%) che nel 2012. A dicembre il calo era stato del 7,2%
Più tasse, meno gettito. L'effetto Laffer non perdona. Anche a gennaio le teorie dell'economista americano che ispirò la rivoluzione fiscale di Ronald Reagan sono tornate ad abbattersi sui conti del carburante, abbassando di nuovo, clamorosamente, l'asticella delle entrate per lo Stato verso un eloquente segno meno. Dopo la brutta sorpresa di dicembre, quando, in controtendenza con tutto il 2012, il gettito è sceso del 7,2%, la storia si ripete nel primo mese del 2013, con un calo del 5,2%. Un risultato prevedibile, stando alle tesi spesso considerate bislacche degli economisti liberisti, ma inaspettato per i tecnici del ministero dell'Economia, che su quelle entrate avevano fatto affidamento per aggiustare qui e là il bilancio dello Stato. Una volta è il fondo per lo spettacolo, un'altra volta sono le risorse per le aree terremotate, un'altra ancora la sicurezza dei conti pubblici. Ogni scusa è buona per caricare il prezzo del carburante di una quota aggiuntiva di balzelli. L'ultimo, di 0,51 centesimi al litro, è arrivato per mano dell'Agenzia delle Dogane lo scorso agosto. Il risultato è che in Italia l'accise sulla benzina è superiore alla media europea di 23,1 centesimi al litro e quella sul gasolio di 24,4 centesimi. Carico tributario che ha permesso allo Stato di continuare ad aumentare gli incassi, malgrado una sensibile stretta sui consumi, fino al novembre dello scorso anno. A dicembre la musica è cambiata. Il crollo degli acquisti del 13,5% ha prodotto un gettito per l'erario di circa 3 miliardi, con una flessione del 7,2% (229 milioni) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Calo che non ha impedito comunque al ministero delle Finanze di intascare nell'intero 2012 (malgrado una flessione annua dei consumi del 10,5%) 36,5 miliardi di imposte sulla benzina, in aumento del 12,4% sul 2011. Ma la festa ora sembra finita. A gennaio, secondo le rilevazioni del Centro studi Promotor, a fronte di un calo dei consumi del 7,8% lo Stato ha dovuto rinunciare al 5,2% del gettito incassato lo stesso mese del 2012 (circa 150 milioni di euro in meno). Un boomerang tributario che si abbatte, ovviamente, anche sulle imprese. Nello stesso periodo, infatti, la quota del fatturato dell'industria del settore è scesa del 7,8%, dopo il -11,2% registrato a dicembre 2012. L'analisi è scontata. «Gli andamenti negativi di dicembre e gennaio», spiega il CSP, «sono dovuti alla contrazione dei consumi legata non solo alla crisi economica, ma anche, e soprattutto, all'elevatissimo prezzo dei carburanti dovuto essenzialmente al carico fiscale». La previsione è catastrofica. Se la tendenza dovesse continuare per l'intero anno, spiegano gli esperti del Centro studi, «il gettito dei carburanti auto potrebbe far registrare una contrazione di 2,6 miliardi di euro». Un'eredità che il prossimo governo non riuscirà a cancellare così facilmente. L'aumento incontrollato della tassazione e del mancato controllo sui prezzi, denunciano Adusbef e Federconsumatori, «ha determinato il progressivo abbandono delle automobili». E non è affatto detto che una volta riportato il livello di tassazione a livelli europei gli italiani torneranno subito al volante. Per avere un'idea dell'effetto devastante del combinato disposto di tasse e recessione basta guardare quello che è successo alle Ferrari, che si muovono in un segmento di mercato che difficilmente risente della crisi. Eppure, solo in Italia l'azienda di Luca Cordero di Montezemolo, oggi paradossalmente alleato di Mario Monti con la sua Italia Futura, non è riuscita a piazzare i suoi gioielli. A fronte di risultati clamorosi, con consegne, fatturato e utile rispettivamente in aumento del 4,5%, dell'8% (a 2,43 miliardi) e del 17,8% (a 244 milioni), nel nostro Paese le vendite sono crollate del 46% rispetto al 2011. di Sandro Iacometti