Troppe leggi, la corruzione cresce nella burocrazia
De' Manzoni: Non servono altre norme per combattere il malaffare che si nasconde nei meandri della nostra elefantiaca Pubblica Amministrazione
di Massimo de' Manzoni Non appena scoppia qualche affare tangentizio, in Italia scatta la parola d'ordine: ci vuole una nuova legge contro la corruzione. Una stupidaggine. Di leggi per punire corrotti e corruttori ne abbiamo in abbondanza, senza che ciò comporti minimamente una diminuzione del malaffare e non c'è nessun motivo per ritenere che un nuovo, mirabolante provvedimento legislativo possa invertire la tendenza. In un importante passaggio del suo editoriale di ieri, il direttore Maurizio Belpietro ha centrato perfettamente il problema: di leggi, norme, codicilli ne abbiamo fin troppi e, anzi, costituiscono essi stessi la fonte primaria della corruzione. Nel loro insieme formano quel mostro dalle mille teste che si chiama burocrazia italiana. E finché non capiremo che è quello il fronte sul quale dobbiamo combattere, possiamo schierare tutti i codici e i magistrati che vogliamo, possiamo lanciare tutte le monetine del mondo, possiamo decapitare aziende, partiti, finanche istituzioni, possiamo mettere in custodia cautelare mezzo Paese, possiamo istruire dozzine di processi e formare tribunali speciali, ma non caveremo un ragno dal buco. Qualche cifra per inquadrare la questione. In Italia per avviare una nuova impresa sono necessari 78 adempimenti; negli Stati Uniti ne bastano quattro, in Inghilterra sei. Per la costituzione di un rapporto di lavoro, in Italia si è costretti a superare 56 ostacoli; negli Stati Uniti uno soltanto. Per l'accesso al credito, nel nostro Paese bisogna sottostare a 68 passaggi burocratici, in Inghilterra ne basta uno. Un'impresa italiana è soggetta a 122 adempimenti fiscali in un anno, una concorrente britannica ad appena 12. E il calvario delle aziende è in tutto e per tutto simile a quello cui si devono sottoporre i singoli cittadini per ottenere ciò che in altri Paesi non è neppure necessario chiedere, in quanto diritto naturale e invece da noi pare rappresentare una benevola concessione dello Stato sovrano. È appena il caso di rimarcare che, in ciascuna delle decine di forche caudine cui ci si deve sottoporre nei meandri dell'elefantiaca pubblica amministrazione che ci ritroviamo, si annidano ghiotte occasioni di corruzione. Si mette mano al portafogli per accelerare una pratica, per aggirare le tecniche dilatorie messe appositamente in atto dal funzionario, per non essere svantaggiati rispetto al concorrente, non di rado anche solo per ottenere quel che ci spetta di diritto. Sia chiaro: le scartoffie inutili hanno un costo di per se stesse. Uno studio di Confartigianato ha quantificato in sei giornate lavorative al mese il tempo medio dedicato da ogni singola impresa alla burocrazia e in 61 miliardi di euro all'anno il costo complessivo. Sessantun miliardi per la burocrazia! E al netto delle attività corruttive che essa genera e che con ogni probabilità arrivano a raddoppiare, se non a triplicare, questa cifra. Altro che Imu! È una somma enorme, sufficiente a risolvere molti dei problemi che assillano il Paese. Eppure avete mai sentito menzionare la questione, a parte qualche bordata grillesca, durante questa orribile campagna elettorale? Naturalmente no. È più facile invocare nuove, inutili leggi. O riempirsi la bocca dei «120 miliardi che si potrebbero recuperare dall'evasione fiscale», tacendo accuratamente che due terzi di quel tesoro vengono sottratti alle finanze pubbliche dalla criminalità organizzata e che quindi non sono recuperabili attraverso le pratiche vessatorie di Equitalia. Tutti oggi si chiedono: siamo tornati a Tangentopoli? La risposta è no, non ce ne siamo mai andati. Abbiamo solo esorcizzato con un'etichetta un difetto strutturale del nostro Paese: lo Stato come un nemico del cittadino, considerato un malfattore fino a evidenza contraria e quindi soggetto a quotidiane, barbariche prove di vassallaggio che contengono in sé non solo la spinta ma anche le modalità per delinquere. Ci vorrebbe davvero una rivoluzione liberale. E invece, con l'interessata cooperazione di alcuni Stati stranieri, noi stiamo qui ad architettare il modo migliore per farci governare dall'improponibile triangolo Bersani-Monti-Vendola... Roba da matti.