Petrolio in picchiata, cosa cambia per chi investe: su cosa puntare e su cosa invece no
Con la complicità della "manina" dell'Arabia Saudita, il petrolio continua la sua picchiata, ed ha appena ritoccato i minimi dal 2009: il barile ora costa 67,53 dollari sul mercato Usa e 63,72 su quello americano. Obiettivo degli sceicchi - per ora raggiunto - è quello di tagliare fuori dal mercato Washington: con un costo del barile al di sotto dei 70 dollari, lo shale Usa non è più competitivo. Ma la corsa al ribasso dell'oro nero come può influire nelle nostre vite? Per prima una considerazione: il prezzo della benzina, per una serie di fattori, non è destinato a scendere se non di qualche centesimo (così come è già sceso nelle ultime settimane). Gli scenari, però, sono ben più complessi, anche perché come spiega ad Affaritaliani.it Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders, "un prezzo del petrolio a 50 dollari potrebbe accadere presto". Blue chips - Una circostanza che, in campo macroeconomico, per la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, "è una buona notizia per l'economia mondiale". Per la Lagarde, questa situazione, aiuterà la ripresa dell'economia Usa e di molti altri Paesi, "in un momento in cui il mondo è alle prese con un problema di crescita troppo lenta". Ma, per esempio, per un investitore che cosa può cambiare? Una chiave interpretativa la offre sempre Spreafico, che spiega: "Nel breve periodo, i Paesi dell'Eurozona e in particolare l'Italia potranno beneficiarsi di questa situazione. Quindi, petroliferi a parte, sono gettonabili tutti i titoli azionari del Footsie Mib", il principale paniere azionario italiano. E ancora, Spreafico spiega che "in tutta Europa guarderei in generale ai (settori, ndr) ciclici. Mentre sarei un poco più cauto ad investire sui paesi emergenti". Pro e contro - Il presupposto è che la debolezza dei prezzi del petrolio riduce l'onere dei costi delle importazioni, e questo in Italia come in Europa o in tutti i Paesi emergenti. In linea teorica, il calo del prezzo del barile dovrebbe favorire quelle riforme economiche indirizzate alla ripresa dei consumi interni. In quest'ottica, gli investimenti più appetibili potrebbero invece rivelarsi proprio quelli relativi ai paesi emergenti, in particolare quelli nell'Apac (Asia-Pacifico), una regione destinata ad assumere un ruolo dominante per via della sua dipendenza dalle importazioni. Rimanendo invece nel nostro orticello, in Italia insomma, gli analisti suggeriscono di investire in una selezione di società dei settori industriali, che così come nei Paesi emergenti dovrebbero trarre vantaggio dalla flessione dei costi. Il calo del costo del petrolio, di contro, dovrebbe penalizzare le forme di energia alternativa nel breve-medio periodo, e dunque anche gli investimenti ad essa legati.