Cerca
Cerca
+

Redditometro, il Pd bluffa: Bersani lo vuole più cattivo

Nel programma Irpef al 20%, sgravi e detassazioni del lavoro. I soldi? Da banche dati e obbligo di dichiarare i patrimoni

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

La patrimoniale, naturalmente, perché è di moda e così. Nichi Vendola va in brodo di giuggiole. Pierluigi Bersani l'ha chiamata martedì sera a Ballarò così: «Un'imposta personale sui detentori dei grandi patrimoni immobiliari». Su cosa? Ma è elementare, ragazzi: sulla casa. Un po' di detrazione Imu per le famiglie numerose sulla prima casa, però «a fronte di una detrazione dobbiamo caricare con un'imposta personale», di cui si discuterà in Parlamento la soglia, perché non fa fine e porta pure un po' male dirla ai cittadini prima del voto. Però, insistendo si è ottenuto da Bersani qualche particolare: «Dico che a valore catastale con 1,3-1,5 milioni indiscutibilmente si è in presenza di un grande patrimonio». È indiscutibile, certo. Solo che con la rivalutazione degli estimi catastali in corso d'opera, la traduzione della proposta Bersani è assai semplice: stangata fiscale sulla seconda casa. Perché basta abitare in zona nemmeno troppo privilegiata a Milano, Roma o in grandi città e avere una casetta al mare, ai monti o in campagna per arrivare a quella cifra che scatenerà gli appetiti del fisco bersaniano. Dopo la cura di Mario Monti che non ha fatto distinzioni fra prima e seconda casa all'insegna (per dirla in romanesco) del raffinatissimo programma tecnico del «'ndo cojo, cojo», tocca prepararsi alla fase due di Bersani: si prende anche la seconda casa con un'imposta extra in grado di desertificare le località di villeggiatura italiane. Quel che a Bersani è scappato in tv, dove le parole volano e naturalmente si possono sempre smentire, non trova traccia scritta invece nel programma elettorale del centro sinistra. Ecco, programma è una parolona, perché di questo non vi è proprio traccia. Basta andare a fare un giro sul sito di Bersani 2013, quello del candidato premier Pd-Sel, per capirlo. Di scritta c'è solo una breve biografia del bimbo prodigio che è partito da Bettola per dare la scalata alla sinistra italiana. Insieme una foto d'epoca di lui piccolino con il fratello alla stazione di servizio Esso con mammà e il padre benzinaio. Per il resto solo foto e video (quasi tutti delle primarie Pd) e una decina di manifesti della campagna elettorale da scaricarsi in alta o bassa definizione. Faccione di Bersani per tutti, con tanto di manona e fede al dito un po' ballerina. A quella il segretario Pd ci deve tenere assai: nella prima versione dei manifesti la fede ballerina campeggiava nella versione orizzontale. In quella verticale però veniva nascosta dal simbolo del Pd. Il leader si deve essere infuriato (la fede in campagna elettorale è importante), così ha fermato tutto e fatto scattare un'altra foto per la versione verticale con fede matrimoniale in bella vista.  Per capire qualcosa di programma ci si potrebbe rifare alla carta di intenti «Italia bene comune» sottoscritta da tutti i concorrenti alle primarie. Ma siccome bisognava far stare insieme Vendola e altri assai distanti, quel programma praticamente non dice nulla. Unica cosa scritta in italiano è questa: «il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull'impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari». Cose da Salvator Dalì, anche se fra i colori da utilizzare per il grande «ridisegno» spunta come sempre la tinta «patrimoniale». Ma sono schizzi, abbozzi, e in fondo non si dice proprio nulla. Per trovare qualcosa di più dettagliato bisogna andare alla voce «programma» sul sito del Pd. Lì la parola centrale della campagna elettorale, «fisco, non esiste nemmeno. C'è però quella «economia» che la comprende. Si scopre che il programma è quello del 2010, i contenuti dell'assemblea programmatica di Verona. Campeggia la proposta di ridurre l'aliquota Irpef minima al 20%. Come? Tagliando detrazioni e deduzioni. Esattamente quello che aveva proposto (in forma più blanda) Monti nella legge di stabilità 2013. Proprio la norma che il Pd insieme al Pdl ha fatto saltare scoprendo che con quella ricetta era più quello che si portava via alla povera gente di quello che si voleva dare. Un fallimento, che però campeggia ancora nel programma Pd. Poi sgravi, detassazione del lavoro per donne e giovani. Con quali risorse? La risposta c'è in  una mozione parlamentare della fine 2010 che ha come primo firmatario Bersani. Dove si trovano le risorse per gli sgravi sul lavoro? Ma è semplice: nel redditometro, che ora si capisce quale padre davvero abbia. Ecco la soluzione del Pd per trovare le risorse necessarie: «il potenziamento della capacità di utilizzo da parte dell'Agenzia delle entrate di tutte le banche dati delle pubbliche amministrazioni per migliorare i controlli e l'applicazione del redditometro e l'obbligo per ogni contribuente di dichiarare annualmente la consistenza del proprio patrimonio». In più qualche imposta extra locale. Perfino in capo a quelle province che si volevano abolire e che invece avranno «la possibilità di introdurre tributi propri, in particolare di scopo». Un programma antico come quello della sinistra tutta tasse. di Franco Bechis

Dai blog