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Imu, redditometro e fiscoIl Prof ripudia le sue creature

Più di 20 miliardi sulla casa, controlli asfissianti sui redditi e grande fratello bancario. Tutti i provvedimenti più duri e iniqui per gli italiani sono del governo tecnico

Nicoletta Orlandi Posti
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di Antonio Castro  e Tobia De Stefano Servirebbe un certificato di paternità per i provvedimenti fiscali. Forse sì, ma anche un certo grado di pudore nel disconoscere - a meno di 40 giorni dalle elezioni - provvedimenti che hanno stravolto la vita degli italiani. L'Imposta municipale unica (l'Imu) non ha un padre, però ha partorito oltre 24 miliardi di euro. Il Redditometro, che dalla prossima primavera andrà a frugare nei bilanci degli ultimi 4 anni degli italiani, non ha padre, eppure ci son voluti anni (e milioni di euro di investimento), per approntare la piattaforma tecnologica e  mettere in rete oltre 129 banche dati diverse. L'anagrafe tributaria idem. Quello che è certo è che son tutti pronti a disconoscerne nascita e paternità. Salvo incassarne benvolentieri il gettito. A cominciare dal presidente del Consiglio Mario Monti. Dopo aver terrorizzato famiglie e contribuenti onesti, adesso anche l'ex  rettore della Bocconi vacilla: «Non credo che il redditometro abbia un ruolo così importante», puntualizzava lunedì sera a “Porta a Porta”, «ma è una misura doverosa che ha introdotto il governo precedente, così come altre bombe ad orologeria messe sulla strada di questo governo». E all'audace Bruno Vespa che gli chiede se sia favorevole all'abolizione Monti la prende larga: «Una cosa da valutare seriamente anche se è un sentiero obbligato». Delle due l'una: o si tratta di una bomba ad orologeria da disinnescare o di un provvedimento infelice ma indispensabile. Ma nel mezzo c'è il funambolismo politico e tutto è possibile.  Vota il sondaggio: Qual è la tassa che odiate di più? Redditometro - Strana storia quella del redditometro. «Tutto parte – ci spiega il commercialista Federico Grigoli, dello studio Pirola Pennuto Zei – dall'articolo 38 del Dpr del 1973 che introduce il concetto di accertamento sintetico. Si trattava di una disposizione di carattere generale che per quasi 10 anni è rimasta lettera morta». In pratica fino al 1982 non succede nulla. «Solo il 30 dicembre del 1982 il Parlamento obbliga a individuare gli indici di capacità contributiva». Si passa per diversi correttivi, nel '91, per esempio, l'allora governo Andreotti stabilisce che l'accertamento parte solo se lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello presunto è superiore al 25% guardando. Mentre con la legge numero 28 del 1999 l'esecutivo D'Alema-Visco  introduce un appesantimento: in sostanza il redditometro si applica anche semplicemente per una mancata risposta del contribuente agli inviti degli uffici dell'amministrazione finanziaria. E finalmente arriviamo ai giorni nostri. «Il decreto legge 78 del  2010 (governo Berlusconi-Tremonti) – continua Grigoli - cambia l'articolo 38 del Dpr 600 del 1973 e introduce per la prima volta il concetto di campioni significativi di contribuenti anche in base al nucleo familiare e al territorio di appartenenza». Semplificando: se ho un Suv e la media dei contribuenti del mio territorio e con la mia stessa tipologia di nucleo familiare hanno una Panda, allora il mio Suv  è indicativo di ricchezza. «Ma quella legge rimandava a un decreto attuativo che fissasse nel dettaglio gli elementi indicativi della capacità contributiva». E siamo a Monti, anzi al governo Monti con Vittorio Grilli al ministero dell'Economia. «Il decreto ministeriale 24-12-2012 stabilisce nello specifico quali sono le 100 voci di spesa per ricostruire il profilo del contribuente, indica i 26 beni per i quali prevale il valore dedotto dalla spesa media Istat, mette nero su bianco l'obbligo del contribuente di dare prova contraria e dice che i controlli risalgono fino al 2009». Regole che hanno suscitato critiche bipartisan e dato il via a un processo al nuovo redditometro. Insomma, Monti è davvero sicuro di non avere alcuna responsabilità?     La riscossione - E più o meno la stessa cosa è successa anche con Equitalia. Domanda: chi ha creato la società pubblica di riscossione? Risposta: il governo di centrodestra, decreto legge n. 203 del 30 settembre 2005, con il nome di Riscossione s.p.a. (poi Equitalia), portando così il servizio di riscossione dal privato al pubblico. Ma poi è il centrosinistra che in quel contenitore ci inserisce i contenuti. Prima con il decreto Bersani-Visco (223 del 4 luglio 2006) che di fatto autorizza la società di riscossione a utilizzare dati sensibili, come quelli dei conti correnti, e poi con le successive modifiche (dl 262 del 3 ottobre 2006 e legge 244 del 2007) che le garantivano la possibilità di pignorare direttamente anche i crediti vantati dal potenziale debitore presso terzi. E Monti? Visto che si trovava, nell'articolo 11 del decreto 201/2011, cioè nel  salva-Italia, ha introdotto il grande fratello bancario. E così il nostro estratto conto verrà recapitato in automatico anche all'Agenzia dell'Entrate. Dovrebbe partire a breve: già c'è l'ok del Garante della Privacy. Imposta municipale - Il 17 dicembre milioni di italiani hanno dovuto saldare l'ultima rata dell'Imu e ci vuole altro che una «più equa distribuzione» - come caldamente suggerito da Bruxelles - per far ingoiare una mazzata da 24 miliardi. Che a pagare siano stati i grandi proprietari immobiliari passi, che però il prelievo sia stato imposto con virulenza anche sulla prima casa (l'Ici sull'immobile di residenza era stata abolita), difficilmente verrà scordato. Anche con tutto il rimaneggiamento creato per confondere le idee: aliquota comunale, anticipo nazionale, storno e trovate varie. E subito dopo il voto ci risiamo: arriverà la Tares che manda in soffitta la Tarsu, l'imposta sull'immondizia e i servizi comunali invisibile (pulizia, manutenzione, illuminazione). Ma i rincari che ci aspettano sono nell'ordine del 20%.      

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