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Rimborsi fiscali in bilico, lo Stato è al verde e fa slittare i pagamenti

Ignazio Stagno
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Quando si tratta di «prelevare» quattrini dai contribuenti, il fisco è veloce. Eccome. Quando, invece, lo Stato deve restituire, sotto forma di rimborsi, un po' di denaro a famiglie e imprese, allora il percorso può diventare accidentato. Se poi, come emerge da un atto parlamentare, mancano addirittura i fondi, l'attesa può diventare lunga assai. È il fisco (italiano): funziona così. Come dimostra l'inchiesta di Libero di questi giorni, aperta dalle dichiarazioni anonime di un uomo della Guardia di finanza sui «metodi» applicati negli accertamenti, lo Stato di polizia fiscale è un motore oleato alla perfezione. E gira, ovviamente, in una sola direzione. Al punto da arrivare a calpestare i diritti dei cittadini: che corrono il rischio di restare a mani vuote se bussano all'agenzia delle Entrate per ottenere la restituzione di tasse versate in eccesso. Oppure denaro legato a bonus fiscali per familiari a carico, ristrutturazioni edilizie o riqualificazione energetica. A scattare l'ennesima, impietosa fotografia dell'amministrazione finanziaria italiana è stato Francesco Ribaudo, esponente del Partito democratico e membro della commissione Finanze di Montecitorio. Il deputato Pd ha presentato una risoluzione, riportata dalla stampa specializzata, per chiedere al governo di introdurre una data certa per i rimborsi o, in alternativa, la cancellazione dei tempi lunghi di cui dispone l'agenzia delle Entrate. Il fisco si sbrighi, propone Ribaudo. Del resto, mai come in questa fase la liquidità è vitale, per le famiglie e, ancora di più, per le imprese, in costante difficoltà nell'ottenere prestiti dalle banche. Il deputato Democrat vorrebbe correggere una norma inserita nell'ultima legge di stabilità, varata dal governo di Enrico Letta, grazie alla quale i funzionari bloccano i rimborsi superiori a 4mila euro e si prendono un extra time di 6 mesi per verificare che le richieste dei contribuenti siano legittime. Le regole, però, non specificano quanto tempo deve trascorrere al massimo tra la conclusione delle indagini supplementari dei funzionari del fisco e il via libera al pagamento. In buona sostanza, l'agenzia diretta da Attilio Befera ha un ampio potere discrezionale che può tornare utile a tappare i problemi di liquidità del fisco. Anche le casse pubbliche sono a secco e, secondo cifre non confermate ufficialmente, a luglio potrebbero non esserci fondi sufficienti per onorare il pagamento di rimborsi già approvati: all'appello mancherebbero tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro. Cifre a parte, gli addetti ai lavori fanno notare come i sistemi informatici e i dati in mano al fisco dovrebbero consentire test lampo. Di qui il tentativo di risolvere la faccenda alla Camera: obiettivo è prevedere tempi certi per i contribuenti, spremuti quando devono pagare, presi in giro se devono incassare. E non si consoleranno certo nell'apprendere che dal prossimo 6 maggio l'agenzia delle Entrate riprenderà l'iniziativa, nata nel 2008, «Il Fisco mette le ruote»: con i funzionari di Befera in giro per l'Italia, a bordo di Camper, per aiutare i cittadini a compilare la dichiarazione dei redditi. Magari qualcuno teme la trappola. Dall'Italia all'Europa la musica «fiscale» non cambia. La proposta di introdurre nel Vecchio continente una tassazione comune sulle transazioni finanziarie, più conosciuta come Tobin tax, torna sul tavolo de ministri delle Finanze dell'Unione dopo essere rimasta in stand by per oltre un anno. Unica eccezione: l'Italia che, forse perché si tratta di tributi, è addirittura in anticipo sugli altri paesi membri e ha già varato la stangata sugli scambi in Borsa (peraltro con effetti boomerang sul gettito previsto: circa 300 milioni di euro incassati su oltre 1 miliardo stimato). Il caso italiano (negativo) potrebbe far riflettere gli altri governi Ue e la stessa Commissione europea, anche se pochi giorni fa la Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso di Strasburgo proprio contro l'imposta sulla finanza. Il tema è complesso: lunedì e mertedì prossimo si farà il punto della situazione prima all'Eurogruppo e poi all'Ecofin. Una riunione ad hoc è prevista anche tra i ministri degli undici Paesi, tra cui l'Italia, che hanno aderito alla cooperazione rafforzata varata nel gennaio 2013 per dare vita alla Tobin tax nonostante l'opposizione e le riserve degli altri partner. E quando il fisco è in difficoltà, sui balzelli (pure quelli più assurdi) ci pensano i magistrati a mettere la parola fine, fornendo un assist alle Entrate: così la Corte di cassazione, ieri, ha dichiarato (definitivamente?) legittima la tassa di concessione governativa pagata sulle bollette per le utenze dei telefoni cellulari. Stiamo parlando di quegli odiosi 12,91 euro mensili (la bellezza di 154,92 euro annui, mica bruscolini) di cui si discute da anni e in particolare dal 2003 quando, con l'entrata in vigore di un controverso decreto legislativo, la gabella sui cellulari era stata ritenuta implicitamente abrogata. Macché: «Pagare, prego». Parola di giudice. di Francesco De Dominicis

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