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Crisi, crolla il mito dei banchieri: licenziati e sostituiti da ragazzini

I livelli occupazionali crollati alle medie del 2009. Per risparmiare gli istituti assumono quasi solo studenti alle prime armi

Giulio Bucchi
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di Léon Bertoletti Altro che ricercatori squattrinati, operai in cassa integrazione, imprenditori in rosso. Altro che professori di eterna precarietà e bottegai senza clienti. Il momentaccio nel mondo del lavoro è rappresentato al meglio da una categoria spesso guardata con tanta ammirazione quanta invidia: i banchieri. Se poi si tratta di quelli svizzeri, allora siamo davvero messi male. Suona strano, d'accordo, ma sono tempi duri anche per loro.  A turbare i sonni c'è innanzitutto la questione dei licenziamenti: migliaia di esuberi annunciati da colossi come Ubs e Credit Suisse. È la crisi, mannaggia: riduzione della raccolta, minusvalenze sui crediti, raffreddamento del mercato interbancario, asset incagliati. Gli impieghi sono sempre meno, diminuiscono progressivamente di anno in anno. Come non bastasse, è in atto una tendenza piuttosto imbarazzante: quelli disponibili, invece di andare a persone qualificate e con un curriculum serio (dunque meritevoli di paga adeguata, quindi costose per le aziende), vengono affidati a neolaureati senza particolare esperienza, stagisti, apprendisti. Quando è possibile, si effettuano trasferimenti di personale interno senza assumere. Poi si ricorre con sempre maggiore frequenza all'outsourcing, appaltando attività all'esterno.  Leggi l'articolo integrale di Léon Bertoletti su Libero in edicola oggi, venerdì 11 gennaio  

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