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Fiscal compact, grazie alla Merkel ci aspettano manovre da 40 miliardi

Il patto voluto da Berlino per abbassare il debito degli Stati Ue è una sentenza: chiunque vinca, non potrà ridurre le tasse

Giulio Bucchi
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  di Ugo Bertone Il tema è incredibilmente estraneo alla surreale campagna elettorale cui stiamo assistendo, eppure di fronte ad esso il resto sono chiacchiere da contorno: il Fiscal compact entrato in vigore ieri diventerà una tassa che ci siamo impegnati a versare per ridurre il nostro rapporto debito/Pil. Una sberla che, dal 2014, varrà circa 40 miliardi di euro: cifre vicine alla famosa manovra Amato del '92, e che ci toccherà, salvo modifiche o rinegoziazioni, ogni benedetto anno.  Non tutto è ancora fiscalmente perduto: pur di venire incontro ai diktat della signora Merkel l'Europa ha infatti inventato la Costituzione del gambero. Prima la norma «volontaria»,  poi, entro cinque anni, si cercherà di inserire l'accordo nella carta costitutiva dell'Unione Europea.  Già, come ci ricorda autorevolmente il professor Giuseppe Guarino, il Patto di Stabilità che fissa l'obiettivo del pareggio di bilancio non è parte integrante del Trattato dell'Unione Europea. Al contrario, la carta fondamentale della Comunità, sottoscritta da tutti i 27 Paesi che aderiscono alla Ue, Gran Bretagna e Bulgaria comprese (contrarie al Patto)  resta il Trattato di Lisbona del 2009 che recepisce il trattato di Maastricht: l'aver imposto l'obbligo del deficit zero è una forzatura rispetto alla lettera e allo spirito della Costituzione. Problema che non è certo sfuggito ai fautori dell'austerità alla tedesca. Non a caso, per dare al patto di Stabilità il necessario rango giuridico, si è  ribadito «l'obiettivo»  di incorporare il nuovo trattato nella vigente legislazione europea.       Leggi l'articolo integrale di Ugo Bertone su Libero in edicola oggi, mercoledì 2 gennaio    

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