Cerca
Cerca
+

Spread finalmente giù:nel 2013 sarà a 280 punti

Matteo Legnani
  • a
  • a
  • a

di Nino Sunseri Il 2013 si annuncia una fotocopia dell'anno che sta per concludersi. Unica eccezione lo spread che mediamente dovrebbe scendere a 280 punti: cento in meno della matematica del 2012. La palla di vetro di Gregorio De Felice, capo-economista di Banca Intesa, è ancora colorata di nero intenso. Scrive nel dossier dedicato alle previsioni: «Nel complesso, l'evoluzione economica dei prossimi trimestri presenta forti elementi in comune con gli ultimi mesi del 2012». Due eccezioni: una probabile ripresa dei corsi azionari ormai giudicati fin troppo compressi e il differenziale fra Btp e Bund tedeschi che dovrebbe contrarsi in maniera significativa. Magari non fino alla soglia di equilibrio (200 punti) indicata dalla Banca d'Italia, ma insomma una discesa apprezzabile. Azioni e titoli di Stato sono le uniche luci. Ma sono accese solo sul lato della finanza e per molti versi legati a fattori internazionali (per esempio la fine del pianto greco). L'economia, invece, continuerà a segnare il passo. Spiega De Felice: «Il punto minimo del ciclo verrà raggiunto intorno alla metà del 2013». Da lì in avanti comincerà la risalita che tuttavia si annuncia lenta. Addirittura impercettibile: solo nel 2016 il Pil ritornerà ai livelli del 2011 (che non erano certo eccezionali) e occorreranno «ancora molti anni per recuperare i massimi pre-crisi (quelli del 2007)».  Insomma la prosecuzione dell'Agenda Monti comporterà per l'Italia ancora un supplemento di lacrime e tanto, tantissimo sangue. Vuol dire che la disoccupazione continuerà a salire (almeno al 12,1%, un punto tondo in più di adesso), mentre caleranno ancora domanda interna (2%),  consumi (1,8%), reddito disponibile delle famiglie (un altro 1,8% portando a sei gli anni di calo consecutivo), investimenti (3,4%) e in particolare quello dell'auto (ancora il 6,2% dopo la discesa del 17% del 2012). La produzione industriale in flessione del 3,2% dopo il 6,2% di quest'anno. Il Pil diminuirà ancora dell'1% dopo il 2,5% che dovrebbe essere la conclusione di quest'anno. In questa situazione già squilibrata arriverà un'altra martellata con l'aumento di un punto dell'Iva che scatterà a metà anno. Consola un po' l'inflazione che resterà inchiodata al 2%. Ma non si tratta di virtù. Solamente del risultato della gelata: se i consumi calano e la disoccupazione sale non si capisce proprio come potrebbero i prezzi salire. Sono numeri da far paura cui fa da piccolo contraltare la possibile ripresa dei corsi azionari che, muovendosi in contro-tendenza, scontano con largo anticipo i tempi della ripresa. Poi lo spread. L'unico spiraglio un po' colorato nello scenario di De Felice. Il differenziale in calo strutturale di almeno un punto comporta alcune conseguenze positive. 1) Per lo Stato,  perché i risparmi sulla spesa per interessi sarà di circa 3 miliardi nel 2013, quasi 6 miliardi nel 2014, oltre 7 miliardi nel 2015 e altri 9 miliardi nel 2016 (in totale oltre 25 miliardi nell'arco di un quadriennio).  2) Per le imprese, che dovrebbero spendere 1,8 miliardi in meno sugli interessi (calcolati sul totale di 870 miliardi dei finanziamenti attuali) e avere  una maggiore disponibilità di credito per 6,1 miliardi. 3) Per le famiglie,  con un beneficio rispetto al 2012 di circa 280 milioni sugli interessi e una maggiore disponibilità di credito per 6,1 miliardi 4) Per le banche che dovrebbero pagare la raccolta mediamente l'1% in meno e avere un miglioramento della reddività fra il 2 e il 4%.  Come tutte le previsioni anche quelle preparate dall'ufficio studi di Banca Intesa proietta nel futuro la situazione attuale. Poi ci sono le incognite internazionali: il mancato accordo fiscale negli Stati Uniti o il rallentamento della Cina. Mentre è certo che anche la Germania pagherà il prezzo della blindatura fiscale imposta al resto d'Europa. Le previsioni di crescita per la Repubblica Federale scendono dallo 0,9% allo 0,5%. Chissà se questa frenata spingerà il governo che uscirà dalle urne di settembre a cambiare passo. Difficile dirlo.  Resta il fatto che l'ufficio studi fa palesemente il tifo per l'Agenda Monti. Per De Felice e i suoi collaboratori uscire dal solco segnato dall'attuale premier esporrebbe l'Italia a rischi sistemici difficili da valutare. Sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici. Buon anno a tutti.

Dai blog