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Le nostre banche valgono 64 mld:rischiamo l'assalto straniero

Dal 2007 capitalizzazione in Borsa scesa di 200 miliardi. I banchieri chiedono regole più elastiche: con nuovi aumenti di capitale, porte spalancate ai gruppi esteri

Andrea Tempestini
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di Francesco De Dominicis Messi vicini, quei  numeretti, fanno paura. Stiamo parlando della capitalizzazione in borsa  delle banche italiane. Che nel 2007 era a quota a 261 miliardi e ora, dopo   una doppia bufera finanziaria, è  crollata a 64 miliardi. Le crisi hanno bruciato quasi 200 miliardi a piazza Affari. Si fanno i conti. E  il grosso della mini torta oggi in tavola corrisponde ai due colossi  Unicredit (20,1) e Intesa (19,9), che da soli coprono  due terzi dell'intero settore creditizio sui listini azionari   Numeri che, secondo gli addetti ai lavori, potrebbero stuzzicare l'appetito di qualche player internazionale. Certo, in questa fase di soldi ne girano pochi pure all'estero. Ma “sulla carta” gli affari nella Penisola sembrano davvero a portata di mano: l'Italia in vetrina è una delle conseguenze  della bufera globale e della debolezza strutturale della nostra economia. In altri settori, peraltro,  l'assalto  degli stranieri è già andato in porto: i casi più recenti vanno dalla ceramica (Marrazzi) all'aeronautica  (Avio). Ora i rischi sembrano aumentare anche per gli istituti di credito. A scattare la fotografia sul supermarket bancario italiano è  stata l'Abi nel periodico European banking report . L'ultima edizione, coi dati di metà novembre, indica che, insieme, Mediobanca (3,8), Mediolanum (2,6), Ubibanca (2,5), Mps (2,4) e Banco Popolare (2) non arrivano a 15 miliardi. In alcuni casi lo zoccolo duro dell'azionariato, ovviamente, sarebbe in grado senza traumi di far fronte ad attacchi. Lo stato di salute degli istituti, del resto, è  ottimo e le previsioni per il 2013 sono rosee.  Tuttavia, le preoccupazioni ai piani alti delle banche non mancano. L'attenzione è  rivolta, in questi giorni, a risolvere alcuni aspetti regolatori circa le differenze, in Europa, fra i sistemi di misurazione della qualità del credito. Le norme italiane sarebbero troppo rigide e imporrebbero alle nostre banche requisiti patrimoniali più severi. Col risultato di lasciare meno spazio di manovra sui prestiti da erogare a famiglie e imprese. Senza contare i rischi di nuove richieste per aumenti di capitale e rafforzamenti patrimoniali. Richieste alle quali gli azionisti degli istituti «non sarebbero in grado di far fronte»  spiega un banchiere. Di qui l'interessamento del presidente Abi,  Giuseppe Mussari. Che nel 2013 cercherà di sensibilizzare in particolare la Banca d'Italia del governatore Ignazio Visco. Mussari nelle prossime settimane organizzerà incontri one to one con  i membri del direttorio di  via Nazionale. Alcuni dei quali non avrebbero la necessaria «sensibilità» sul tema dei «crediti deteriorati» e  il problema «va risolto rapidamente» spiega ancora il banchiere. Le regole sui bilanci vanno armonizzate a livello europeo e in Italia «serve un ammorbidimento».

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