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Gli amici banchieri Usabocciano il prof Monti:"Non ha abbastanza palle"

Matteo Legnani
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di Franco Bechis Prima condizione: via il Porcellum, perché non deve essere possibile che gli attuali partiti italiani così frammentati possano contare su un premio di maggioranza così alto. Seconda condizione: voto anticipato a febbraio, perché così il nuovo governo verrà nominato da Giorgio Napolitano. Terza condizione: l'Italia dovrà chiedere aiuto finanziario all'Eurogruppo, in modo che la Trojka possa porre condizioni che determino il prossimo programma del governo italiano. Quarta condizione: l'Italia dovrà avere una nuova grande coalizione fra le principali forze politiche, guidata da personalità tecniche di prestigio. Quinta condizione: a capo di questo governo non dovrà essere Mario Monti, perché la sua personalità è più utile al Quirinale, il cui peso è cresciuto molto in questi anni, e da lì sarà in grado di offrire maggiori garanzie agli essenziali partner europei.  Vota il sondaggio:  I banchieri americani bocciano Monti: non ha abbastanza palle. Secondo voi...   Le cinque condizioni (ma ce ne sono molte altre di dettaglio) sono contenute in un corposo rapporto di circa un mese fa di Citigroup, il colosso della finanza americana, che in 132 pagine vorrebbe spiegare ai propri clienti se puntare o meno (e dove) le proprie finanze sull'Italia. La scaletta sul futuro politico di Roma è contenuta a pagina 19 del rapporto (compilato a più mani, con firme americane e italiane), sotto il titolo “Our favoured scenario”, vale a dire lo scenario più gradito agli americani. Poche pagine prima viene descritto con toni da tregenda il quadro politico, economico ed istituzionale dell'Italia. Si tessono grandi elogi a Monti e al suo governo, soprattutto per la capacità mostrata come pr dell'Italia nelle relazioni internazionali. Ma il giudizio non è poi così sostanziale, perché secondo Citigroup il premier ha fallito in obiettivi fondamentali come «ripristinare la fiducia negli italiani dopo avere spiegato le ragioni della crisi», «modificare le cattive abitudini e le mentalità degli italiani», «ridurre il debito pubblico»  e dare una squadra di governo di livello almeno comparabile alle qualità di Monti: «la performance di molti ministri tecnici è stata assai modesta». Gli americani ricordano di avere già avvisato Monti nel marzo 2012 della necessità di dare una svolta all'attività del suo governo, ma il richiamo è restato inascoltato: «Ottenuto spread decenti per sopportare la montagna di debito pubblico, Monti ha avuto una finestra buona fra aprile ed agosto per fare passare le riforme più audaci», anche per fare recuperare credibilità a una classe politica che non ne ha più. Citigroup accusa apertamente Monti di avere mancato di coraggio (è citata in proposito la riforma del lavoro e la mancata riforma della giustizia), e di non avere saputo parlare al suo Paese, e più volte mette in parallelo i successi ottenuti all'estero e il flop all'interno, ironizzando: «Nemo propheta in patria». Spiega che il premier avrebbe potuto utilizzare la debolezza dei partiti che erano costretti a votarlo in Parlamento, osando quel che non ha osato. Così alla fine la sua popolarità è assai scesa (secondo un sondaggio dettagliato circolato l'ultima settimana all'interno della Commissione europea l'indice di popolarità del governo Monti sarebbe realmente al 25%, ai livelli dell'ultimo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi), e il governo non ha più presa sugli italiani. Per descrivere l'umore dell'elettorato la banca americana conia uno slogan molto efficace: gli elettori hanno messo al centro del loro desiderio più «absolute bread» che «spread». Bread e non spread. Pane e non tassi di interessi, è per questo che ora andranno a votare gli italiani. Così la principale missione che Monti aveva agli occhi della finanza internazionale, è andata a farsi benedire. Secondo Citigroup per fortuna è vero che Monti più volte ha detto di non avere bisogno dell'aiuto finanziario degli altri Paesi europei, ma questa era solo una bugia comprensibile: l'Italia chiederà quell'aiuto, perché la sua situazione economica e finanziaria non può permettersi alternative. È  una fortuna che consente ai capitali stranieri di stare ancora a guardare, invece di battere in ritirata nel caso in cui possano vincere e ottenere la premiership formazioni politiche populiste come il Movimento 5 stelle. Se infatti sarà la Trojka a comandare, l'Italia avrà un menù obbligato e «light» rispetto alla versione imposta ai greci, che renderà meno rischioso il passaggio elettorale. Il rischio potrebbe essere mitigato anche dall'approdo di Monti al Quirinale e non a Palazzo Chigi, perché secondo Citigroup quello «è un ruolo probabilmente molto più importante di quello da primo ministro per garantire il futuro delle relazioni fra l'Italia e i partner europei». Al governo può andare chiunque, sorretto da una grande coalizione di molti partiti il più frammentati possibile. La banca americana che considera ancora in gioco anche nel futuro Silvio Berlusconi, ma con numeri che non potranno consentirgli di andare al governo («però potrà proteggere ancora le sue aziende»)  sembra non fidarsi molto nemmeno della coalizione Pd-Sel: «Il Pd», spiegano, «è un partito che è stato creato fondendo insieme laici comunisti e cattolici. Fino a quando il loro obiettivo è stato combattere Berlusconi, le varie anime e i vari leader di quel partito sono riusciti a stare insieme. Ora che quel problema non c'è più e che il Pd è il primo partito, l'insostenibile leggerezza della sua visione di lungo termine è venuta in superficie. La loro agenda varia da un sostegno acritico alle politiche di Monti al loro totale ripudio. Saremmo molto sorpresi che il Pd possa raggiungere le prossime elezioni nella sua attuale forma, con  questa leadership e con questo perimetro».

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