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I parlamentari salvano le pensioni d'oro della casta

Quattro miliardi di tagli per non alzare l'iva ma non passa la legge contro i supervitalizi

Lucia Esposito
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Deprimere ulteriormente un Paese già depresso sarebbe davvero troppo. Perché un ulteriore aumento dell'Iva (che porterebbe le aliquote del 10 e del 21% a salire di due punti,  +0,5% nel 2014), produrrebbe tale effetto.  Contrazione degli acquisti e calo verticale della fiducia.  Per quest'ordine di ragioni il governo sta pensando di varare una  prima “manovrina” da 4-5  miliardi, a cui ne farà seguito un'altra da 7-10 miliardi per ciascun anno del biennio 2013-2014, in modo da mettere in sicurezza i conti fino al 2014. L'ipotesi circolata nel pomeriggio era di 8 miliardi, segno che a Palazzo Chigi tutti, ormai, danno i numeri. Insomma, diamo un po' di fiato agli italiani, ammesso che il provvedimento veda la luce. Peccato che lo stesso governo, come un Robin Hood all'incontrario, ha deciso di far saltare il tetto per le pensioni d'oro dei grand commis di Stato. La proposta di modifica al decreto legge, che porta la firma dell'esponente del Pdl Guido Crosetto, ha incassato il parere contrario del governo. «Ho ritirato gli emendamenti a seguito dell'impegno del governo», spiega Crosetto, «ad affrontare il tema nel decreto sulla spending review». L'emendamento prevede che le pensioni «erogate in base al sistema retributivo», non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Se ne riparlerà, forse, quando il decreto sviluppo sarà all'esame del Parlamento. Un'altra bella occasione persa per dare un segnale vero, concreto, agli italiani circa la volontà del governo di abbattere i privilegi. Nel frattempo accontentiamoci dei tagli per non aumentare l'Iva. Il governo sta lavorando alla messa a punto di  «un decreto pesante» in modo tale da mettere in sicurezza i conti fino al 2014, evitando così l'aumento dell'Iva. Le condizioni per centrare questo obiettivo ci sarebbero anche, come vanno sostenendo a Palazzo Chigi. Resta da capire se c'è anche la volontà politica. Con l'Iva, infatti, il gettito è sicuro (3,3 miliardi di euro). Con i tagli molto meno. E dovendo far fronte fronte alle esigenze del post-terremoto in Emilia e non potendo venir meno  all'impegno di centrare la riduzione del deficit, garantito in sede europea, il governo sa che non può permettersi altri passi falsi, come il mancato taglio delle pensioni d'oro.  Se la «manovrina» dovesse vedere la luce, si tratterebbe del primo provvedimento della spending review e a licenziarlo sarà il Consiglio dei ministri, in programma dopo il Consiglio europeo di mercoledì e giovedì. Quest'oggi il premier, Mario Monti, illustrerà le linee guida del piano tagli messo a punto dal commissario Enrico Bondi  alle Regioni e ai vertici del Pdl, Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Successivamente, forse già oggi viste le lamentele del Pd, vedrà sia Bersani che Casini. La prima ipotesi era quella di vederli subito dopo il vertice di Bruxelles, come stabilito dal  calendario delle «consultazioni» di Palazzo Chigi. Con i partiti, il piatto forte dei colloqui sarà il futuro dell'Eurozona, ma è innegabile che gli obiettivi della finanza pubblica italiana siano strettamente legati alla riqualificazione della spesa.  Intanto il governo si ritrova a fare i conti l'avvertimento dal Tesoro in materia di appalti. La norma del decreto sulle aggiudicazioni di appalti che, secondo una modifica intervenuta nel passaggio in Senato, potrebbe comportare contenziosi e costare allo Stato oltre 1 miliardo di euro. di Enrico Paoli

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