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Mitt Romney, una storia di umana determinazione

I democratici lo attaccano perché "ricco" (e dimenticano Kennedy e Kerry). Il racconto della vera (e dura) storia in un libro

Andrea Tempestini
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Mitt Romney potrebbe essere, se vincera' mai la nomination, il candidato presidente repubblicano di gran lunga piu' ricco nel dopoguerra. Per i Democratici questo non e' un problema: John Fitzgerald Kennedy, che poi vinse, era di famiglia ultrafacoltosa, e John Kerry, che poi perse, aveva un patrimonio tre volte tanto quello da 250 milioni stimato per Romney. Visto che Mitt e' del GOP, pero',  la questione delle sue finanze (qui non parliamo delle tasse, che sono un'altra storia) e' destinata ad essere un tormentone sia della stampa sia della propaganda dei Democratici e della sinistra, che in larga misura coincidono. L' attacco ai ricchi puo' tradire un sentimento di invidia, e fino ad ora l'America ne era stata immune o quasi. Obama e Occupy Wall Street sono il segnale che forse qualcosa di europeo (socialismo & redistribuzione) si sta insinuando anche nella mentalita' di questa parte dell'Atlantico. Onesta' intellettuale,  pero',  vorrebbe almeno che prima di scaricare il livore sui successi altrui uno si informasse su come sono stati  costruiti. Il libro “The Real Romney”di Michael Kranish e Scott Helman, presentato da David Brooks sul New York Times (di cui e' il columnist moderato-conservatore), racconta la epopea della famiglia Romney fin dal secolo scorso. E'  “una storia di lavoro tenace, di cadute e di capacita' di risalire”, scrive Brooks, secondo cui “l'aspetto della ricchezza e' secondario” nel definire il carattere di Mitt. “L'essere concentrato e insistente e' il suo tratto distintivo”, invece.  A portare a questa conclusione e'  la conoscenza della intera vicenda dei Romney, e insieme del Dna del mormonismo, una religione che sara' vivisezionata nei prossimi mesi se il suo piu' celebre testimonial proseguira' nella corsa verso il voto finale di novembre. Ecco il rendiconto della storia dei Romney nel riassunto di Brooks dal libro citato. Miles Romney, trisnonno di Mitt, era un membro della chiesa a Nauvoo, Illinois, dove ci mise anni a costruirvi un tempio. E anche dopo che Joseph Smith, il fondatore della Chiesa, fu assassinato da una folla di balordi e molti dei mormoni fuggirono, Miles rimase. Nel 1844,  quella stessa marmaglia brucio' la chiesa dalle fondamenta e costrinse Miles e la famiglia ad emigrare verso ovest. La maggior parte dei mormoni si diresse verso Salt Lake City, nello Utah. I Romney, che non possedevano un carro tirato dal bue ed erano insieme ad una banda di derelitti come loro,  impiegarono 4 anni a fare i 2000 kilometri verso il far west. Il bisnonno di Mitt, anche lui Miles di nome, inizio' il viaggio quando aveva 7 anni. Arrivato a Salt Lake City, nel 1862 si sposo',  ma dopo un mese il capo della Chiesa, Brigham Young, gli chiese di lasciare a casa la moglie Hannah, e di diventare missionario per tre anni in Gran Bretagna. Hannah, per mantenersi, faceva la lavandaia per altre famiglie. Suo marito Miles torno' nel 1867, e compro' una casa di due stanze. Young, il capo, gli ordino'di prendere una seconda moglie e Hannah dovette preparare la camera che sarebbe andata alla sua rivale. “Camminavo sul pavimento e versavo lacrime di dolore”, scrisse nelle sue memorie private. Poi arrivo' un nuovo ordine alla famiglia Romney; lasciare tutto e andare a 450 kilometri a sud di Salt Lake City per costruire un nuovo insediamento. All' inizio erano solo capanne, ma il villaggio si consolido' e i Romney iniziarono a prosperare. Ma solo finche' un nuovo ordine impose loro di trasferirsi a 600 kilometri di distanza, perche' c'era da sviluppare un altro appezzamento nel deserto dell' Arizona. Per i Romney era il ritorno alla vita di stenti della dura frontiera. Miles, le sue tre mogli e i loro numerosi figli vivevano in capanne di legno a pane e fagioli. Gli abitanti attorno a loro li detestavano per la poligamia, per la loro religione, e anche per il fatto che i mormoni lavoravano piu' dei locali. Un giornale del posto scrisse che Miles andava impiccato perche' poligamo, cosi' due delle tre mogli scapparano e si rifugiarono nel New Mexico. Ancora una volta, giunse l'ordine di traslocare, stavolta per il Messico dove, nel 1885, Miles si reco', da solo, per avviare una colonia. Li' fu poi raggiunto da Hannah, che attraverso' con gli otto figli le montagne dell'Arizona per riunificare la famiglia. In Messico, la loro casa aveva il tetto di terra, e quando pioveva colava dentro il fango. Infine, le moglie e i 21 figli riuscirono a tornare tutti insieme. E, nel tempo, Miles e il figlio Gaskell, nonno di Mitt, edificarono una comunita' di successo, con case di mattoni e un tempio, e diventarono ricchi. George Romney, il padre di Mitt, era nato in Messico, ma quando aveva 5 anni, nel 1912, i rivoluzionari messicani confiscarono la loro proprieta'  e li cacciarono via. In pochi giorni i Romney passarono dall'essere padroni di un grande ranch messicano a non avere un quattrino e a dover ricominciare. La maggior parte della famiglia torno' negli Usa, sparsa tra California, Idaho e Utah. E, ancora, costruirono una fortuna. Il papa' George, oltre che missionario mormone in Europa e imprenditore di successo nel settore automobilistico ( tra l' altro fu Ceo della American Motors Corporation) ,  divenne  governatore del Michigan e ministro dello sviluppo urbano sotto Richard Nixon. Mitt, che ha scelto un business diverso per fare fortuna, ha anche scelto un altro stato per fare il governatore, il Massachusetts. I Romneys non vivono sugli allori, e ha ragione Brooks. Se devi definire Mitt guardando alle sue origini non ti viene in mente come primo concetto la ricchezza, ma la determinazione umana a costruire successo, ad arrivare. di Glauco Maggi Twitter@glaucomaggi

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