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Videogame, si o no?

L'evoluzione dei giochi per bambini

giovanni morelli
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I videogame cosiddetti prosociali invitano a prendersi cura di un pet o simili e hanno anche una funzione educativa (anche se secondo noi avere in casa un animale vero, quando si hanno bimbi, è molto consigliabile).  Il Centro Studi Minori e Media di Firenze ha rilevato che il 72,5% dei bambini e dei ragazzi che spende diverse ore settimanali in compagnia dei videogiochi ha ammesso di identificarsi “qualche volta” o “spesso” nelle loro storie. E l'onda emotiva continua anche quando Wi o Nintendo sono spenti. Bisogna stare attenti, dunque e non iniziare troppo presto. Mai prima dei quattro-cinque anni, perché? Gli studiosi, pediatri e psicologi americani e italiani, stabiliscono la soglia anagrafica dei primi approcci dopo i 4-5 anni. Le iperstimolazioni high-tech con la loro carica emozionale potrebbero sollecitare troppo il sistema nervoso dei bimbi alterando soprattutto la produzione di Crh, l'ormone che regola la risposta allo stress. Risultato? Nel futuro si potrebbero verificare nella mente dei piccoli difficoltà nella elaborazione dell'apprendimento e della memoria, spiega Carlo Lazzari, psicoterapeuta a Londra. L'importante è, come tutte le cose, non abusarne, altrimenti si rischiano danni alla vista e altri problemi, legati anche al comportamento. Per evitare di affaticare troppo i giovani occhi, infine, è importante che i bambini stiano sempre ad almeno 60 cm di distanza dalla console. Inoltre, si possono prevenire arrossamenti e congiuntiviti con le lacrime artificiali.

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