La favola della cagnetta ciecaAbby torna a casa per Natale
L'animale si era perso nella tempesta. Ha vagato per 16 chilometri al gelo. Senza vedere, si è salvata grazie al suo straordinario fiuto
di Giordano Tedoldi Preparate i fazzoletti, mettetevi sotto l'albero di Natale illuminato dalle lucine intermittenti o tra i pastori del Presepe, perché dall'Alaska arriva la fiaba delle feste con tutti gli ingredienti per commuovere il cuore più duro: la neve (tantissima neve), i bambini, il loro migliore amico e il lieto fine. Innanzitutto il protagonista della storia, Abby, cagnolina meticcia dal pelo bianco e marrone, cieca ma con un fiuto straordinario e una non meno sorprendente ostinazione. Poi i suoi padroncini, i ragazzini della famiglia Grapengeter di Fairbanks, la seconda città dell'Alaska, Ava di 6 anni, Greg di 10 e Shane di 9. Abby è entrata a far parte del clan dei Grapengeter dopo essere stata prelevata da un rifugio per cuccioli, e certo deve alle sue origini vagabonde uno spericolato gusto per l'avventura. Così, quando il 13 dicembre a Fairbanks si è abbattuta una formidabile tempesta di neve con temperature scese fino ai quaranta gradi sottozero, roba da mettere in crisi un orso, Abby anziché starsene rimpannucciata se n'è andata a zonzo, come fosse il momento migliore per godere della libertà e della spaventosa, sublime natura alaskana. Per McKenzie Grapengeter, madre dei bambini, in quelle condizioni climatiche, il destino di Abby era segnato. Come avrebbe potuto resistere al gelo? Cieca, come avrebbe potuto riconoscere la via di casa? Oh ma che sciocchezza! I cani hanno un fiuto che fa miracoli, a che servono le pupille a chi usa l'olfatto come una prodigiosa e infallibile bussola? Ma i giorni passavano e di Abby non c'era traccia, la tempesta di neve si era sedata ma la calma spettrale del paesaggio imbiancato non faceva che aumentare la tristezza per la sua assenza, e la nostalgia che da qualche lattiginoso punto all'orizzonte apparisse la sua intrepida sagoma. Di giorni di angosciosa quiete, per Ava, Greg e Shane, ne passano ben sei. Finché il 19, guidando la sua slitta su una pista invernale, il veterinario Mark May si imbatte in una cagnolina solitaria, una briciola rispetto ai possenti cani che lo conducono. May non può fermarsi a prendere la vagabonda, la squadra dei suoi cani non l'accoglierebbe bene e lui deve procedere senza sosta per la sua strada. «Spero che trovi la casa di qualcuno», pensa. Abby, perché è lei la cagnolina spuntata dal nulla sulla pista percorsa da May, si affianca alla sua slitta e lo accompagna per più di un chilometro, poi di nuovo sparisce nel bianco fitto tra cielo e neve. Il giorno dopo, effettivamente Abby riesce a trovare la casa di qualcuno, come si era augurato il veterinario May, anzi, si presenta proprio alla porta di casa sua. Altro che spaventata dalla muta di cani da slitta! Stava lì, alla porta d'ingresso di May, insieme a tutti gli altri cani, bella seduta dopo aver percorso sedici chilometri sulla pista invernale a temperature glaciali, e per tutto il percorso adoperando il suo prodigioso naso per localizzare la casa del veterinario. May esce di casa e porta subito Abby dentro, al caldo. La cosa miracolosa è che la cagnolina non presenta alcun segno di congelamento, nemmeno nei punti più esposti e vulnerabili: niente gelo sulle orecchie né sulle dita delle zampe, era stanca ma in perfetta salute come rientrata da una scampagnata primaverile. Da veterinario, May non aveva mai visto un caso del genere, una tale capacità di resistenza. Usando i social media, May si mette in contatto con la famiglia Grapengeter, che aveva denunciato la scomparsa di Abby, sprovvista di microchip o targhette identificative. Ecco così arrivare per Ava, Greg e Shane il più bel regalo di Natale che potessero desiderare: la loro adorata Abby di nuovo tra le loro braccia, in tempo per festeggiare insieme. Mamma McKenzie, in lacrime, la voce rotta dall'emozione, dichiara che «è un miracolo, non ci sono altre parole per descriverlo. Non avremmo mai sperato di ritrovarla viva e in salute». Sì, è un miracolo, un segno dell'alleanza tra l'animale e la natura, che fanno da sé quando gli uomini sono distratti e pavidi.