L'ultima follia americana Tatuaggi sugli animali
Cani e gatti marchiati a vita, è la nuova trovata che indigna
Mentre in Francia Brigitte Bardot e Alain Delon combattono la strage di cani in Ucraina (le due star hanno chiesto in questi giorni al sindaco di Kharkiv, nell'Est del Paese, di fermare immediatamente il massacro di randagi, in vista degli Europei di calcio 2012), gli americani ai loro amici a quattro zampe regalano qualcosa di «speciale»: un tatuaggio. L'ultima pessima trovata statunitense vuole l'amico a quattro zampe con cuori, cuoricini, iniziali e improbabili decori stampati in modo indelebile sulla pelle. Lo chiamano «regalo». Ma chi ve lo ha chiesto, verrebbe da domandare al popolo d'oltreoceano che una ne fa e cento ne pensa. Forse il vostro amico a quattro zampe ha manifestato in qualche modo con un'alzata di orecchie, un bau o un miao il desiderio di essere marchiato a vita, di voler passare ore e ore immobile, sotto la tortura di un fastidioso ago che entra nella pelle e inietta pigmenti colorati più o meno tossici. Impossibile. Nessun animale vorrebbe questo per sé: non sono così stupidi come molti esseri umani. Se volete davvero fare un regalo al vostro cagnolino, portatelo al parco e fatelo correre all'aria aperta accanto a voi. Lui non aspetta altro: la sua felicità dipende dal tempo che potete trascorrere con lui, dal numero di volte che vi può accompagnare nelle vostre uscite. L'umiliazione - Per tornare al tatuaggio, qualcuno superficialmente la definisce l'ultima moda stravagante. Ma quale moda stravagante, piuttosto l'ultima umiliazione che gli animali sono costretti a subire. L'ultima follia di chi sostiene di amare cani e gatti e poi si ritrova a violentarli prima con collari e cucce tempestate di Swarovski, tra l'altro pericolosi perché se l'animale nei momenti in cui gioca dovesse inghiottirli… non ci voglio pensare. Poi con vestitini, cappellini, scarpette (orrore!) e cappotti griffati, pensando di avere tra le mani una Barbie da poter addobbare come un albero di Natale. Se i completini fanno indignare, i tatuaggi fanno urlare: vergognatevi. Insorgono gli ambientalisti d'America e di tutto il mondo. Dicono: «È una violenza che i padroni statunitensi impongono ai loro amici a quattro zampe». Amici a quattro zampe: ma quali amici? Piuttosto nemici, come facevano i nazisti con gli ebrei nei campi di concentramento: tatuavano sul corpo del «nemico» un numero di matricola. E con la stessa ferocia il padrone marchia il proprio cane. Una tortura - Jara Dollinger, portavoce dell'organizzazione nazionale per i diritti degli animali, si limita a ritenere «non dignitosa», una pratica che invece andrebbe vietata. Per rendere il tutto ancor più raccapricciante, vengono pubblicati i pareri di improbabili «esperti». Alcuni di loro dichiarano che è «assolutamente indolore». Chi lo dice? L'animale forse durante il trattamento, alza la testolina e rassicura tutti, padrone e tatuatore-macellaio, con un «non vi preoccupate non mi fa alcun male, continuate pure... se vi fa piacere». Vergognatevi. Si difende il presidente della National Association of Professional Creative Groomers, Amy Brown e spiega: «Il tatuaggio si esegue superficialmente, su una zona rasata del corpo del cane, sulla quale si disegna con un aerografo». E assicura che i coloranti sono atossici realizzati appositamente per questo scopo. Poi rivela: «È vero, la pelle dei cani è più sensibile alle sostanze chimiche di quella umana, ma i tatuaggi vengono eseguiti sotto il controllo dell'organizzazione che garantisce massima professionalità». Altro che professionalità, è solo business, dei peggiori. Vergognatevi. La pratica purtroppo si sta diffondendo a macchia d'olio negli Stati Uniti e in Canada, e i prezzi lo permettono: oscillano dai 10 ai 20 dollari a seconda della complessità del disegno. Per ora, in Italia, le parole tatuaggio cane e gatto si incontrano solo sulla pelle dei padroni che decidono di incidersi a vita sul proprio braccio o sulla propria gamba il ricordo dell'amicizia profonda con il loro amico a quattro zampe. E speriamo si fermi qui, che è già una follia. di Daniela Mastromattei