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Il cane da guardia ogni tanto è un cagnolino

Mattias Mainiero risponde a Luigi Fassone

Mattias Mainiero
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Però, i giornalisti, quando si entra in specifici argomenti, quante cose strampalate dicono. Nella triste occasione del naufragio della Costa Concordia abbiamo udito di tutto, serbatoi invece di cisterne (oppure, meglio, tanche), traiettoria invece di rotta. E, udite udite, l'”inchino”. Desidererei conoscere chi ha coniato questo termine mai usato nella marineria, dato che le navi si sono sempre avvicinate in sicurezza, ossia fondale permettendo, alla costa, per un saluto (nessun inchino...) a qualcosa, una città, un istituto, oppure a qualcuno. Luigi Fassone Camogli (Genova) E lo chiede a me? Se lei, come mi pare, non ha capito nulla di ciò che hanno detto i giornalisti, come lo hanno detto, perché lo hanno detto, io ci ho capito ancora meno. Non capisco, per esempio, perché a qualsiasi automobilista dopo un incidente viene messo subito un palloncino davanti alla bocca. Al capitano Schettino, reduce da una cena secondo alcuni annaffiata da buon vino, davanti alla bocca non hanno messo neppure una pallina. Hanno fatto test tossicologici, i cui risultati (negativi) sono giunti solo ieri. E nell'attesa i giornalisti hanno scritto di tutto, senza dire che i risultati non c'erano. Non capisco perché, prima di parlare di una signorina moldava che era sulla nave, forse ospite, forse clandestina, forse con biglietto regolarmente pagato, forse sotto forma di fantasma, non si telefoni alla compagnia di navigazione facendo la domanda: “Scusi, a voi risulta che a bordo c'era la signorina, può controllare?”. Non capisco come mai, per giorni e giorni, nessuno sia riuscito a conoscere il nome e cognome dei dispersi, quando un semplice raffronto fra la lista degli sbarcati dopo il naufragio e quella degli imbarcanti avrebbe potuto dirci tutto. Non capisco perché i giornali, tutti i giornali, abbiano parlato di Titanic, quando il Mediterraneo non è l'oceano, quando il naufragio è avvenuto a poche decine di metri dal porto, quando tutto si è svolto in una specie di bagnarola. Non capisco nulla. E, non essendo stato sul posto, per capire leggo e mi confondo ancora di più. Una sola cosa credo di aver intuito: la stampa dovrebbe essere una specie di cane da guardia che abbaia e ogni tanto morde, prendendosela con i ladri, ovviamente, i malfattori, con chi sbaglia.  Watch dog, dicono gli anglosassoni. La nostra stampa talvolta assomiglia ad un cagnolino da salotto, bello, simpatico, profumato e con tante moine. Con il difetto di scacazzare dappertutto. [email protected]

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