Max Pezzali fa resuscitarel'Uomo Ragno. E pure Repetto
L'ex 883 ripubblica il disco dell'esordio in una nuova versione. E non esclude la reunion con il socio storico
Non se la mena, proprio non ci riesce. Eppure potrebbe. Ha venduto sei milioni di dischi, mica quattro cassette, sei milioni. La gente si chiede: «Come mai?», in fondo scrive canzonette neanche troppo elaborate. E invece no, col cavolo, i suoi non son stornelli o boiate che durano un'estate. Su le mani per Pezzali Max da Pavia, 44 anni suonati, una moglie e un figlio, l'uomo che nel 1992 ha condotto la sua personalissima rivoluzione: come Sacchi nel calcio, come William Wallace sulle Highland scozzesi, come uno che sapeva quello che faceva e pazienza se gli altri non capivano. E tutti a dire: «Lui e il suo amichetto biondo dureranno niente, la musica è un'altra cosa». Ne sono passati venti, di anni. Pezzali Max da Pavia è diventato un mito, ma davvero non si è montato la testa. Gli altri nel frattempo hanno compreso la sua filosofia, son cresciuti con lui e i suoi slogan, quelli che ti vergogni a dire «sì, li conosco tutti», ma se ci rifletti un po' li conosci tutti per davvero. E allora pensi a “Sei uno sfigato” a “Te la tiri” fino a tutte quelle espressioni anni '90 che Max metteva in rima (a modo suo, per carità, ma pur sempre in rima) e diventavano un successo per decisione divina. Vent'anni dopo Max ti guarda con la faccia di quello che sta bene e sa perfettamente quello che vuole. Presenta il suo nuovo album, che poi è il suo primo rivisto e elaborato in chiave rap. Hanno ucciso l'uomo ragno 2012, nove brani, altrettante collaborazioni (da Ensi a Two Fingerz, da Dargen D'Amico ai Club Dogo) e la netta sensazione che l'ex 883 abbia ancora una volta centrato l'obiettivo: migliorare, fare passi in avanti, capire cosa pensa la gente, comunicare. Dice: «Ora sono i rapper quelli che hanno qualcosa da dire» e i rapper hanno fatto a gara per duettare con lui. Sembra tutto chiaro nella sua capocciona rasata, la testa di un ex liceale di provincia che sognava una moto e gli States, e alla fine ha trovato l'America nella capitale. «Vivo a Roma, non frequento tanto i colleghi, però mi rispettano praticamente tutti». Ed è proprio così, e quasi non ci credi quando intravedi una crepa nelle sue certezze. E quella crepa si chiama Mauro Repetto, che era un fratello e forse tornerà ad esserlo. «Ci siamo risentiti e rivisti - spiega Pezzali - prima a Parigi, poi a Roma. Collabora nel nuovo disco, lo vedrete in un video. Abbiamo ricominciato a riscoprire le emozioni di un tempo, parliamo e troviamo ispirazione». Perché loro, gli ex peones lanciati da quel geniaccio di Cecchetto, in realtà non hanno mai litigato. «Ci siamo semplicemente allontanati, lui aveva capito che il progetto 883 stava cambiando e si è fatto da parte». Poi la domanda fatidica: «Escludi che tornerete a lavorare insieme sul serio?». E Max: «No, non lo escludo. Mi piacerebbe, ma si vedrà...». E allora capisci che Pezzali è uno con le palle. E anche Repetto è uno con le palle. Perché l'amicizia viene prima di qualunque puttanata artistica e forse è proprio quello il segreto del suo e del loro successo. Di quest'album - che a suo tempo vendette 600mila copie e nell'era della musica a portata di Iphone non si sa («In questo momento il concetto di disco è lontano dalla mia testa, meglio pensare alle singole canzoni» dice) - sappiamo che esiste un singolo cantato con J-Ax che «è nato con me ed è un altro fratello con cui condivido tutto da sempre. Anche lui s'è lasciato con la sua metà artistica (Dj Jad, ndr), ma forse è stato più traumatico che per me e Mauro». Il singolo si chiama Sempre noi e potete scommettere che farà il botto. Lo impari al primo ascolto e il precisino ti dice «ecco, la solita canzonetta del Pezzali». Ma lui se ne frega. E ti guarda con la faccia serena di quello che non implora buone recensioni o lisciate di pelo. Uno che vent'anni fa non aveva neppure un deca e ora è un mito non ha proprio bisogno di niente... di Fabrizio Biasin