Quattro milioni di italiani sono rimasti senza leader
La percentuale di chi non risponde alle domande sul proprio posizionamento politico varia dal 20 al 30%
Nei sondaggi la percentuale di chi non risponde alle domande sul proprio posizionamento politico varia a seconda dei periodi tra il 20% ed il 30%. In un momento come questo, a neanche un mese da importanti elezioni amministrative e ad un anno da importantissime elezioni politiche, l'opinione pubblica risulterebbe polarizzata, gli indecisi si sarebbero in gran parte riposizionati e la quota del “non voto” risulterebbe sul limite basso, anche sotto al 20%. Tutti gli istituti, compreso il nostro, sono invece concordi nel rilevare oggi percentuali di astensione e indecisione che viaggiano attorno al 50%. Gli analisti utilizzano due domande standard, per rilevare l'appartenenza politica degli intervistati. Due domande che hanno sfumature diverse e che rilevano due concetti vicini e complementari. La prima è quella sull'intenzione di voto («se domani ci fossero le elezioni lei che partito voterebbe?»); la seconda è quella sull'autocollocazione politica («lei si sente di destra, centro o sinistra?»). Oggi esistono circa 8.000.000 di elettori che dichiarano di non voler votare nessun partito ma che invece ritengono di aver una posizione politica ben definita. Sono il 15% dell'elettorato ed hanno un profilo ben definito. Sono anzitutto italiani in piena età produttiva, tra i 35 ed i 55 anni, con una leggera prevalenza di donne. Hanno un titolo di studio non basso ma neanche elevato, tipicamente di scuola superiore. Sono in maggioranza laici.Ma sono due gli aspetti più interessanti. Nel 62% dei casi provengono da regioni del Nord, regioni con Pil elevato e politicamente si dichiarano in maggioranza di centro. Quest'ultimo dato merita un approfondimento. La quota di questi italiani “antipartitici”, che sono costoro che pur definendo la propria posizione, si rifiutano di esprimere la preferenza ad un partito, è sensibilmente aumentata a partire dal 2010. Sino a quel momento si rilevavano quote inferiori al 10%, per poi salire al 12% nel 2011 e al 15% nel 2012. La metà di essi, il 51% sono di centro. Due anni fa il dato era inferiore di venti punti (31%), il fenomeno sembra notevole. Voglio ricordare come in presenza di una grande crescita delle quote di astensionismo, i partiti stabili nei sondaggi, o anche quelli in leggero aumento, stiano in realtà perdendo voti. Può essere il caso proprio del Terzo Polo, che in diverse altre analisi pubblicate da Libero abbiamo visto – Udc in testa – aumentare sempre di più il divario tra la propria offerta politica e la propria base elettorale. Il centrosinistra, negli ultimi anni, ha invece ruotato sempre intorno agli stessi valori, con solo piccoli spostamenti nella zona più radicale, dovuti, probabilmente, all'entrata di Sel che in quello spazio politico è riuscito a muoversi molto bene. Dalla parte opposta si nota come nel 2010, per molti elettori, mancasse l'offerta di una destra più marcata (AN nel Pdl e La Destra non totalmente credibile neoalleata del Cavaliere). Nel 2011, invece, ad andare in crisi è stata la destra più moderata, gli eventi legati alla caduta di Berlusconi sono noti. Tutto questo pare però essere stato superato (o metabolizzato) nell'anno in corso e, forse a sorpresa, il centrodestra sembra oggi essere la zona meno antipolitica dello schieramento. Voglio ritornare sul significativo fatto di come ci sia il 7% di elettori deluso, del nord e moderato. Questo dato indica che la Lega, pur escludendo i problemi contingenti, da sola non risolve la questione settentrionale.Ci sono partiti che si arrabattano attorno al 2-3%, mentre altri che fremono dalla gioia o tremano dalla paura se prendono o perdono qualche decimale da una settimana all'altra.Qui ci sono 4.000.000 di cittadini, omogenei socialmente e politicamente, pronti ad essere raccolti. Sarebbero il terzo partito. Arnaldo Ferrari Nasi Sociologo della politica