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Renzi: "Chi ha votato Berlusconi venga da me"

Matteo Renzi

Il rottamatore: "Chi ha votato Berlusconi venga da me". Poi l'attacco a Bersani: "Tu stai con i comunisti, così non governerai mai. Andate tutti a casa"

Andrea Tempestini
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  La campagna elettorale in vista delle primarie di Matteo Renzi è partita col botto, con un affondo durissimo contro i leader della sinistra: "Sono rimasti gli stessi forse per darci la certezza di qualcosa di immobile in un mondo che cambia. Oggi siamo qui per puntare un compasso e girarlo dall'altra parte - lancia la sfida il sindaco rottamatore di Firenze -: vogliamo dire che cosa ci immaginiamo noi per il nostro futuro e non vogliamo limitarci ad aspettare. Vogliamo crearlo ed essere protagonisti, perché lì sta la grande forza della sinistra". Poi l'altra bordata. Renzi si riferisce alla foto dei vari Diliberto, Vendola e Di Pietro, tutti insieme a presentare le firme per il referendum sull'articolo 18: "Ho visto le foto di questi personaggi, la foto del palazzaccio, l'immagine di una sinistra che non governerà mai". Il messaggio a Bersani è chiaro: tu stai con i comunisti, e con i comunisti perderai, sempre e comunque. Ma il vero colpo di teatro doveva ancora arrivare. Renzi ha spiazzato tutti, e in primis e il Pd, quando ha aperto a destra, ha clamorosamente strizzato l'occhio all'elettorato moderato guidato dal Cavliere: "I delusi da Berlusconi vengano da noi". Così, semplicemente, senza giri di parole, Renzi ha snocciolato una frase dalla potenza dirompente e che farà venire non pochi mal di testa nel Partito Democratico. L'obiettivo del sindaco rottamatore è evitare un governo come quelli guidati da Romano Prodi, che "ha vinto due volte le elezioni e due volte il centrosinistra lo ha mandato a casa. Vediamo questa volta se ci riusciamo a non ripetere quest'esperienza". E per riuscirci, a "non ripetere quest'esperienza", nel bel mezzo della lotta per la leadership che il Cav lo ha sempre odiato, Renzi ha lanciato un appello proprio ai berlusconiani. Nessun simbolo del Pd - E' iniziata così, a Verona, alle 11.47 del 13 settembre 13 settembre 2012, la sfida lanciata da Renzi a Pierluigi Bersani. Significativo il fatto che né sul camper né sul palco di Verona si è visto il simbolo del Partito Democratico. Le parole d'ordine del rottamatore sono "emozione" e "speranza". Renzi è arrivato a Verona con qualche minuto di ritardo, ed è così saltato l'incontro col sindaco leghista Flavio Tosi. Ma Renzi non ha perso tutta la carica con cui mira a distruggere la nomenklatura di sinistra: "Quando il centrosinistra rifiuta la logica del catenaccio e prova a giocare all'attacco, allora rischia di farcela, rischia di imporre il futuro all'Italia", rilancia la sua sfida. Quindi un altro colpo basso ai leader: "Noi siamo i primi che possono candidarsi senza portare la giustificazione. Perché mentre gli altri erano in Parlamento, noi eravamo all'asilo. Dobbiamo cambiare i prossimi 25 anni, il futuro dei nostri figli. La nostra scommessa di oggi è riportare la prospettiva del futuro. Non veniamo dal pianeta delle chiacchiere: siamo sindaci, siamo amministratori". La candidatura - E se ancora non fosse stato chiaro, Renzi ha ufficializzato la sua candidatura alle primarie del centrosinistra: "Annuncio ufficialmente la mia e la nostra candidatura a guidare l'Italia per i prossimi cinque anni", ha detto dal palco della convention di Verona. "Se si vince - questa ipotesi la considerano poco ma faremo di tutto per fargli cambiare idea - non si tratta di cambiare il partito, si tratta di cambiare l'Italia". Poi il sindaco ha assicurato che, in caso di sconfitta, sosterrà Bersani: "Se si perde si fa quello che fanno le persone serie, non ci si inventa l'ennesima formazioncina di serie Z, si dà una mano a chi ha vinto, perché la sconfitta fa parte del gioco e la vera sconfitta è non provarci". Dunque ha insistito: "Saremo in prima fila a dare una mano a chi ha vinto". "Siamo stati umiliati" - Le bordate contro il Pd non sono però certo finite. Renzi ha definito "un'umiliazione" il fatto che lo scorso anno, alla caduta del governo Berlusconi, sia stato chiamato a governare Mario Monti e non il Pd. "Essere democratici è anche un'umiliazione quando il governo degli altri va a casa e nonostante tutta la buona volontà il tuo gruppo dirigente non riesce a trovare una proposta credibile". Per questo, ha ricordato, "il Presidente della Repubblica è stato costretto a chiamare un tecnico per quello che era il tuo ruolo".      

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