Rosy Bindi: "Nel Pd c'è troppo rosso"
Il sindaco rottamatore di Firenze, Matteo Renzi, lei lo combatte con tutte le sue forze. "Lei" è la presidente del Partito Democratico, Rosy Bindi, che nella lotta per la leadership in vista delle primarie, senza indugi, si schiera con Pierluigi Bersani. Renzi viene visto come un vero e proprio spauracchio, come l'uomo in grado di scompigliare le carte. E in questo contesto esplosivo la Bindi arriva ad accusare Renzi - l'uomo più di destra tra le fila del Pd - di spingere il partito troppo a sinistra. Il perché? Semplice. "Siamo entrati in una competizione nella quale si stanno estremizzando le posizioni e dove inevitabilmente Bersani sta assumendo una certa configurazione rispetto a un competitore come Renzi. Insomma - spiega la presidente - c'è troppo rosso". Un paradosso, insomma: la Bindi ammette che il Pd è tornato comunista, e addossa la colpa a Renzi, che con la sua battaglia (questo il sottointeso?) ha cementato (troppo) l'asse tra Bersani e Nichi Vendola, sempre più vicino (e fedele) al leader dei democratici. "Sembriamo il Pci" - La Bindi ha esposto la sua arzigogolata posizione nel corso del dibattito mattutino di Omnibus, a La7. "Sono d'accordo con le primarie - ha spiegato -, ma con questa competizione si sta rischiando una divaricazione artificiosa che può mettere in difficoltà, o quanto meno rischia di rafforzare l'identità pluralista del Pd". Secondo Rosy, "in questa vicenda delle primarie si rischia di indebolire il Pd o addirittura di snaturarlo" perché ora "c'è troppo rosso. Non è un fatto cromatico - prosegue la Bindi - né un fatto di dettagli, ma io penso che un po' di più di tricolore e di variazione cromatica renderebbe meglio l'idea che questa battaglia la stiamo facendo come Partito Democratico". Poi una frase che suona come una vera ammissione: "Temo invece che ci sia un rafforzamento di quell'identità dell'originario partito della sinistra italiana Pc-Pds-Ds". Sono tornati i comunisti (e, per assurdo, la colpa sarebbe di Renzi). Articolo 18 - E a togliere un po' di "rosso" dai vessilli democratici la Bindi ci prova subito: "Penso che fare in questo momento un referendum sull'articolo 18 sia un grave errore", spiega in merito ai quesiti referendari che verranno presentati oggi, martedì 11 settembre, in Cassazione da Sinistra e Libertà. Il partito di Vendola - eccolo, l'eccesso di "rosso" - si batte per l'abrogazione delle norme (già di per sè spuntante) della legge sul lavoro firmata da Elsa Fornero. "Non firmerei i quesiti sulla riforma del lavoro - aggiunge la Bindi - perché questa riforma che parte dall'articolo 18 è frutto di una sintesi a cui abbiamo contribuito anche noi come Pd in maniera determinante e perchè penso che la modifica all'articolo 18 sia assolutamente europea". E dopo aver detto che "atteggiamenti ideologici da parte della sinistra su questo punto, secondo me non aiutano", la Bindi ha concluso: "Non rinnego nessun principio del lavoro contenuto nella nostra Costituzione ma non credo che dobbiamo oggi normarlo come abbiamo fatto negli anni Settanta: il riformismo è questo".