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Napolitano in lacrime sulla bareaE il ministro Severino attacca:"Danni dalla cultura del sospetto"

Ai funerali di Loris D'Ambrosio

La Guardasigilli rivela: "D'Ambrosio travolto dallo scandalo intercettazioni voleva dimettersi, ma il Colle ha rifiutato"

Andrea Tempestini
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  Giorgio Napolitano in lacrime sulla bara di Loris D'Ambrosio, il consigliere giuridico del Quirinale morto giovedì 26 luglio dopo essere finito al centro di una dura campagna di stampa che lo voleva coinvolto nella presunta trattativa tra Stato e mafia. L'addio a D'Ambrosio è stato dato nella chiesa di Santa Susanna, e il Capo dello Stato si commuove anche quando si accomiata dal feretro, uscendo dalla chiesa. Poi le parole del ministro della Giustizia: "D'Ambrosio ha molto sofferto - ha commentato Paola Severino -, non riusciva a capacitarsi di come potesse essere accusato, con tanta veemenza, di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un impegno così intenso. Dimissioni respinte - E la Severino, anche lei visibilmente commossa, svela un retroscena: nei giorni successivi alla pubblicazinoe delle telefonate con l'ex ministro Nicola Mancino, D'Ambrosio aveva presentato le dimissioni a Napolitano, che però le ha respinte. Successivamente, in un passo dell'orazione funebre, la Severino ha denunciato "i danni" che reca alla giustizia e a tutti i cittadini italiani "la cultura del sospetto".  Nessun "mea culpa" - Eppure, mentre ora tutti si commuovono dopo che proprio la "cultura del sospetto" potrebbe aver mietuto una vittima (il cuore di D'Ambrosio travolto dalle pressioni non ha retto ed è morto per infarto), mentre la politica sfila in chiesa per piangere una persona scomparsa a quattro anni, fa ancora più specie notare come nessuno, in precedenza, abbia alzato la voce per denunciare la pubblicazione delle telefonate di D'Ambrosio con Mancino. Nessuno, in un giorno di profondo cordoglio, recita un necessario mea culpa.  

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