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Sul lavoro Monti rischia di cadereNel Pdl cresce il partito del "no"

Brunetta e Crosetto guidano la rivolta degli azzurri. L'ex ministro è categorico: "Io la fiducia su quel testo non la voto"

Andrea Tempestini
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Il governo ha deciso di azzardare un voto di fiducia sulla riforma del mercato del lavoro, ma, stavolta, la maggioranza è a rischio. Il testo frutto di un lungo compromesso tra forze politiche e sociali, infatti, così com'è non piace a nessuno. Impossibile trovare in tutto il Parlamento un solo parlamentare che lo definisca soddisfacente. Per il Pd è «pericoloso», per il Pdl «troppo rigido», per l'Udc «da tagliandare». Criticatissima dalla Cgil, la proposta è stata bollata come «una boiata» da Confindustria. Il neo presidente dell'associazione degli industriali, Giorgio Squinzi, ieri, è andato alla carica del governo: «La riforma del lavoro è una vera boiata, ma non possiamo che prendercela così: dobbiamo presentarci il 28 giugno» al Consiglio europeo «con una riforma approvata». Per Confindustria la riforma va votata. «Poi spero ci sia l'occasione di tornare nel merito per i correttivi», ha aggiunto, però, il presidente.  Elsa Fornero, complice anche l'invito che le ha fatto Mario Monti a portare a casa «a qualunque costo» un via libera al testo, ieri ha aperto ad alcune modifiche post-approvazione. Sulla riforma del lavoro «non c'è dogmatismo», ha sottolineato, e «se gli effetti si discostano dagli obiettivi eventualmente si può cambiare qualcosa». Il ministro del Welfare per portare a casa un voto favorevole in tempi rapidi ha incontrato i capigruppo della maggioranza: «È necessario approvare il testo prima del vertice europeo», ha detto loro. In cambio ha offerto al Pd un «tavolo tecnico» per risolvere la questione dei cosiddetti esodati e al Pdl la possibilità di modifiche. Troppo poco. I capigruppo hanno chiesto un «impegno vincolante» e lei si è presa 24 ore di tempo per decidere. «Squinzi? Sono sicuro che si ricrederà», ha risposto Fornero.  Il Pdl, però, continua a considerare la proposta del governo debole, il Pd critico sulla questione esodati. La soluzione di compromesso potrebbe essere quella individuata da Giuliano Cazzola, relatore in commissione Lavoro della Camera per il Pdl. L'ex vicesegretario della Cgil propone di approvare il provvedimento così com'è,  ma di negoziare con il governo una serie di modifiche «da collocare nel decreto Sviluppo». Una soluzione che piace anche all'Udc.  Questo escamotage potrebbe non bastare a spegnere i focolai della rivolta che si sono aperti nei due partiti principali della maggioranza e, in particolare, dentro al Pdl. Renato Brunetta, economista ed ex ministro, è stato il primo ad annunciare lo strappo: «Voterò no alla fiducia. Il testo  non solo è sbagliato, ma anche controproducente». Una linea condivisa da Guido Crosetto, che boccia anche l'ipotesi del ritocchino dopo l'approvazione: «È improponibile. Questa riforma crea  burocrazia, aumenta i costi, non creerà posti,  ma altri disoccupati». Per l'ex sottosegretario, il Pdl «deve decidere quale linea tenere». Ma, stavolta, niente vincoli: «Io e molti altri decideremo se adeguarci». A seguire i due “ribelli” potrebbero essere in molti. Se si asterranno anche Antonio Martino, i suoi fedelissimi e il “solito” gruppo di ex An critici con l'esecutivo, il Professore potrebbe trovarsi sotto quota 400. Una cifra a rischio se si considera che i deputati che non votano  sono sempre di più. di Paolo Emilio Russo

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