Bossi non parla,Maroni gli dà 14 giorni
Il Senatur non ha ancora commentato il voto e i "barbari sognanti" sospettano un nuovo "cerchio magico"
Entro quindici giorni Umberto Bossi e Roberto Maroni si guarderanno negli occhi e decideranno il futuro della Lega. Chi si candiderà al congresso federale di fine giugno? L'ex ministro dell'Interno intende pronunciarsi entro una settimana all'incirca. La partita è ancora aperta, perché il Senatur sta avendo pressioni per restare in pista. Secondo i fedelissimi dell'ex responsabile del Viminale, chi gli suggerisce di non mollare fa parte del nuovo cerchio magico: si tratta di Francesco Enrico Speroni, Giuseppe Leoni, Roberto Castelli, Leonardo Carioni. Tutta gente, dicono i “barbari sognanti” di Bobo, che racconta cose incredibili a Bossi sul conto di Maroni. E proprio per questo, il primo maggio a Zanica, Umberto aveva aperto a una possibile ricandidatura per guidare la Lega. «È così che abbiamo perso a Besozzo e in altre vecchie roccaforti» ragiona un maroniano. «Nei centri dove storicamente eravamo radicati ci hanno punito per la Tanzania e le lauree in Albania. Siamo andati bene dove abbiamo segnalato un ricambio, con volti nuovi. Guardiamo a Cantù con Nicola Molteni o a Rovato con Roberta Martinelli. In Brianza, invece, è stato un disastro». Peccato che l'attuale presidente della Lega – che non ha ancora commentato i risultati elettorali e ieri non aveva detto “ba” alla Padania in edicola – l'attuale presidente della Lega ripete che «non è il momento di dividerci». Una riflessione che potrebbe tradursi nella scelta di candidarsi, nell'illusione che il nome Bossi possa ricompattare il partito, mentre Castelli auspica che la commissione che sta riformando lo statuto «riconosca» a Umberto «un posto speciale». I fedelissimi del vecchio capo non vedono alternative a lui. Larghe fette di militanti la pensano all'opposto, e i maroniani lo dicono chiaro: «Dove Bossi ha fatto campagna elettorale abbiamo perso. Ha vinto il modello Verona, e lui non voleva neanche la lista Tosi che poi s'è rivelata decisiva». Ovviamente, sull'altro fronte accusano i “barbari sognanti” di essere «zavorra» o comunque «traditori». Ecco perché Maroni intende accelerare per chiarire la situazione interna, mentre sul sito del Sole 24Ore si parla di una possibile modifica al simbolo per togliere la scritta Bossi. La sfida tracima pure sui media lumbard. La Padania, che una volta era saldamente in mano al cerchio magico, ieri esaltava “il modello Verona” di Tosi. Mentre a TelePadania, più vicina a Bobo, la conduttrice del telegiornale s'è presentata con gli occhialini rossoneri dell'ex ministro. Un modo per dire “la vedo come Maroni”. Sul tappeto restano dati oggettivi. In Lombardia la Lega governava 23 comuni andati al voto e nei grossi centri - da Como a Monza - ha subìto una emorragia spaventosa. Ha conquistato dieci municipi in paesi sotto i 15mila abitanti e ha ottenuto il ballottaggio a Tradate, Palazzolo, Cantù, Meda, Senago. Meglio in Veneto, dove da 17 sindaci nel 2007 se ne ritrova uno in più e deve affrontare il secondo turno a Thiene e San Giovanni in Lupatoto dove era già al comando. In valore assoluto, i consensi per il Carroccio calano ovunque. Nella Verona di Tosi i suffragi per Alberto da Giussano sono stati cannibalizzati dalla lista del primo cittadino. Che giura: «Non dobbiamo dividerci» e pensa alla segreteria «nazionale» del Veneto. A sbarrargli la strada potrebbe trovare Massimo Bitonci, il parlamentare ex sindaco di Cittadella: lui non poteva ricandidarsi e l'ha fatto il suo fedelissimo Giuseppe Pan, poi uscito trionfatore. Ma l'eventuale accordo tra Bossi e Maroni, a cascata, sistemerà pure i giochi nelle regioni che andranno a congresso (c'è pure la Lombardia, dove i barbari dormono sonni tranquilli). Bobo sa che deve sciogliere la riserva, mentre a Roma gli ex padani Rosi Mauro e Lorenzo Bodega hanno formato la componente “Gente Comune” nel gruppo Misto del Senato. di Matteo Pandini