La caricatura di sè stesso: sembra l'imitazione in ginocchio di Guzzanti
Il leader dell'Api vuole tornare nel Pd, che chiude la porta. Corrado disse: "Più che un comico, un profeta"
di Francesco Specchia Profezie. «Alle elezioni regionali siamo sempre andati col Pd, ci siamo pure noi alle Primarie…». Miodio. Quando ieri, all'ennesimo cambio di casacca, sprezzo del pericolo e intervista su Repubblica, Francesco Rutelli ha dichiarato di voler tornare con Bersani («Alle elezioni regionali siamo sempre andati col Pd, ci siamo pure noi alle Primarie…»), all'improvviso ho avuto una visione. Il volto incanutito di Cicciobello mi si è trasfigurato nell'inarrivabile imitazione di Alberto Sordi/Rutelli a cui Corrado Guzzanti, nel '97, faceva lamentare: «A Berlusco' so' cinque anni che te portamo l'acqua colle orecchie, ma che ce vuoi pure na scorza di limone? Berlusco' ma che c'ho che non ti va? So' troppo alto, c'ho le gambe lunghe? Me le sego, cammino in ginocchio…». Cambiano le maggioranze, ma Rutelli, sempre libero dal fardello della dignità, torna ad essere Guzzanti che imita Rutelli che imita Sordi. Tra l'altro, Rutelli ha ottenuto dai Democratici -Scalfarotto e Finocchiaro- la stessa risposta che fu dei berlusconiani: il metaforico ombrello nel didietro di Altan, aperto sul futuro incerto. E, pensando al futuro, ho capito. Credevo fosse un comico, invece Guzzanti era l'editorialista perfetto, il Nostradamus d'Italia, l'autentico aruspice che legge l'avvenire dei popoli nelle viscere della politica. Il mese prossimo torna con un suo show su La7; e tutti scopriremo che, alla faccia di ogni politologo Guzzanti, con innato senso della profezia aveva già previsto tutto, rovesciando le sue visioni nelle proprie caricature. Per dire. L'altro giorno, dal tiggì, mi scorre innanzi l'intero direttivo del Pd -con un Veltroni appesantito in terza fila- mentre cerca, stremato, altri candidati per le Primarie; e allora mi appare Guzzanti/Veltroni che dieci anni fa esclamava ai suoi: «Candidati? Abbiamo chiamato Paola e Chiara, ma sono in tournée; pure Amedeo Nazzari ma è morto, ora cerchiamo Napo Orso Capo...». Oggi, il Pd è allo stesso punto, solo che al posto di Napo Orso Capo (che non accettò) c'è Renzi. Leggo di Romano Prodi in procinto di riemergere dall'oblio per inerpicarsi sul Colle? Mi torna in mente Guzzanti che nel 2008 a Parla con me si conficcava alla stazione, nella gag del semaforo, mentre vede passare le stagioni: «Io aspetto fermo dietro la sua bella linea gialla, coi piccioni che mi cagano in testa, ma io fermo, coerente. Mi hanno fatto fuori? Pazienza, io sto fermooo. Osservo che D'Alema, Veltroni, Franceschini dopo diventano belli bianchi, poi c'è la morte. E io fermo. Poi, quando mi richiamano Zang!....». Di Pietro non riesce più a farsi capire dai suoi? Ecco Guzzanti, due anni fa da Fazio, che lo interpreta nella suo frullar di metafore: «Noi dell'Italia dei Valori... non è che la luna che stava prima... parte l'esca per chiappare gli scarfagnoni». Un'incomunicabilità alla Michelangelo Antonioni, che oggi varia dal grillismo alla vecchia Dc. Guzzanti era avanti anche lì. Guzzanti sta a metà strada fra il profeta della Nuova Frontiera kennedyana Arthur Schlesinger Jr, Alighiero Noschese e Homer Simpson. Il bello è che ne è consapevole. Tempo fa alla presentazione del Suo Aniene, con Luca Telese del Fatto si smascherò: «La satira è una cosa strana, con dei cicli storici ricorrenti da calendario Maya. Chi l'avrebbe mai detto che dieci anni dopo aver creato la saga del massone, un giorno, avrei potuto togliergli il cappuccio e trovarci sotto la faccia di Bisignani?». Per inciso, l'imitazione del massone col riporto di Schifani risale al 2002: la sua sfera d'oro, le squadre e i compassi sparsi come i pensieri, le frasi sibilline e incasinate come «non c'è regime in Italia, manca tanto così, dobbiamo fare il salto di qualità...»: tutto dava già allora l'idea di un'Italia pencolante sulla faglia del ridicolo e dell'illegalità. Lo stesso vale per il suo padre Pizarro, il monsignore di Curia vaticana ateo e cinico che si domandava chi fosse l'“acrobata” sul trapezio di legno che porta appeso al collo e che sentenzia «lo sai come lo vedo io, Dio? Un grande problema per la privacy». Più d'una traccia del suo prelato eversivo si ritrova tra le pagine di Sua Santità, il best seller con cui Gigi Nuzzi ha scoperchiato il Vaticano. Per non parlare di Giulio Tremonti, bersaglio preferito dei vaticini guzzantiani. Corrado fu il primo -e spesso l'unico- ad interpretare i deliri onnipotenti dell'ex ministro dell'Economia, quando onnipotente Tremonti lo era davvero. L'anno scorso, nel suo spettacolo Recital lo immaginava assiso su un trono d'oro, isolato, vestito come il Re Sole, frastornato dall'egolalia. Oggi Tremonti è un reietto che annuncia di fondare un partito, che afferma «la Merkel è tremontiana» e che rivendica di aver anticipato la politica economica dell'Occidente. Il rapporto Tremonti/Bossi, poi, veniva immaginato nella gag tratta dal Sorpasso: alla Spider nei panni di Bruno Cortona era l'Umberto a schiantarsi contro il palo della sua politica (e l'Umberto, pochi mesi fa, s'è effettivamente schiantato). Un flash anche per Bertinotti che prometteva di rivoluzionare il fisco: «Ho detto di risanare il debito senza alzare le tasse? Io dico una serie di piccole cazzate, ma insieme fanno un bell'effetto». Le tasse sono aumentate e le piccole cazzate di Bertinotti l'hanno suicidato. Guzzanti il profeta aveva colpito ancora. In testa mi martella un suo motto nei panni di Rokko Smitherson reggista de paura, anno 1995: «Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori!». Chissà, chissà...