Alle nozze di PlacidoAl Bano non può cantarela sua Ave Maria
Il parroco la vieta perché non è un brano liturgico
di Andrea Morigi Al Bano Carrisi non apprezza la differenza che passa fra una messa e un concerto. Lui ieri voleva cantare l'Ave Maria di Bach e di Gounod per il matrimonio del suo amico Michele Placido che, alle 18, a Cisternino, in provincia di Brindisi, si unisce all'attrice Federica Vincenti. Ma se nulla osta alle nozze, questo canto non s'ha da fare, stabilisce il parroco. Non lo consente perché le musiche religiose, di norma, se non sono state composte per la celebrazione, vanno collocate al di fuori del rito. Magari al termine, in un momento di sosta o durante la firma degli atti. Anche se l'esecuzione è affidata a un interprete solista d'eccezione, che perciò si scandalizza. Lui reagisce, sorpreso e sconcertato: «È assurdo. C'è qualcosa che non quadra». Non riesce proprio a spiegarsi come sia possibile che non gli chiedano pareri sulla scaletta canora durante la sacra liturgia: «Ho cantato questa Ave Maria», dice all'Adnkronos «davanti a Giovanni Paolo II in Vaticano. E poi di fronte a Madre Teresa di Calcutta, per il cardinale Carlo Maria Martini e per Don Verzé. E ora arrivo a Cisternino e mi vietano di cantarla». Risulta strano in effetti che vi sia ancora qualche prete rispettoso delle regole. Ci si stupisce, ormai, se chitarre e tamburi sono tenuti all'esterno degli edifici di culto, dopo che per decenni sembrava avessero definitivamente spodestato l'organo e relegato in soffitta il canto gregoriano. Eppure, molte diocesi italiane hanno già reso noto ai fedeli che non è più il caso di festeggiare carnevale la domenica e tanto meno quando ci si sposa. Perciò anche la Marcia nuziale di Mendelssohn, per quanto sia divenuta un segnale sonoro del matrimonio, si esegue alla fine della messa, mentre gli sposi lasciano la chiesa. A Venezia, addirittura, si specifica che «sono da evitare durante la presentazione dei doni o durante la comunione brani operistici, colonne sonore di film, arie o lieds come la cosiddetta “Ave Maria” di Schubert e di Gounod o il “Largo“ di Haendel, nati come canti solistici in particolari contesti culturali, con intenti diversi da quelli necessari per vivere questi due momenti liturgici». Quindi se ne può «permettere l'esecuzione al di fuori della celebrazione, magari, nell'accompagnare gli sposi nel loro omaggio alla Madre di Dio, oppure durante l'eventuale momento fotografico, oppure all'uscita». Se il vescovo di Brindisi la pensa allo stesso modo, non è perché ce l'abbia con Al Bano, il quale forse non capisce per carenza d'informazioni al riguardo. Hanno provato a spiegarglielo. L'altare e il palco sono due postazioni qualitativamente diverse. Niente da fare: «È assurdo», tuona «che in chiesa venga vietata l'esecuzione di un brano religioso come questo. Viene tolta la possibilità agli sposi, a chi lo esegue e a chi lo ascolta, di gioire. È una cosa impossibile: vorrei proprio capire il motivo di una scelta del genere. Tra qualche ora andrò lì e cercherò di capire. Per quanto mi riguarda non c'è una sola giustificazione plausibile. È davvero strano: Papa Giovanni Paolo II ha approvato questo canto e un prete di Cisternino non lo ritiene religioso». Al contrario, per il cantante di Cellino, «con questo brano siamo nella storia della musica religiosa. Il prete mi deve spiegare il perché della sua decisione», conclude. Come se le regole le dovesse stabilire un artista.