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Glielo suggeriscono anche i crolli alla Camera: come Bondi, si dimetta

Un particolare dell'affresco che è crollato a Montecitorio

Ora Gianfranco lascia la poltrona: è già in pesante ritardo

Andrea Tempestini
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Due notti fa, circa un metro quadrato dell'affresco raffigurante «L'allegoria d'Italia» si è staccato precipitando sui marmi della sala della Lupa alla Camera. Nessun ferito, disagi limitati: i Beni culturali stanno già provvedendo alla stima dei danni e ai restauri. Quello che rimane, oltre ai cocci d'intonaco, è un quesito politico. Ma Gianfranco Fini avrà - almeno questa volta - l'ardire di dimettersi? Conoscendo l'attaccamento del tipo alla poltrona la risposta è scontata. Viene però da pensare al suo ex (e ripudiato) compagno di partito Sandro Bondi, e al calvario cui fu sottoposto allorché - da ministro dei Beni Culturali - si dovette confrontare con i dissesti di Pompei. Bastava che un paio di sassi si smuovessero, e subitaneo s'innalzava il fuoco di fila: «Dimissioni, se ne vada, incapace, è un delitto...» eccetera. Il parallelo è immediato. Gianfranco si è istallato sullo scranno di Montecitorio come un mitile allo scoglio: se la casa perde pezzi, non sente il bisogno di cambiare lido?

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