Roberto cleptomanepizzicato ancoraa rubare
Le denuncia del "Fatto": per un monologo nel programma con Fazio ha saccheggiato i libri di un giornalista. Taglia e incolla senza citare la fonte. E non è la prima volta...
Quello che Roberto Saviano non ha, a quanto pare, è un'idea originale. Dev'essere per questo che si ostina a rubare quelle degli altri, di solito giornalisti molto meno famosi di lui, che vedono il loro lavoro saccheggiato e in cambio non ricevono nemmeno mezza citazione. Neppure un grazie. L'ultimo caso è stato denunciato ieri dal Fatto quotidiano, a dimostrazione che forse la supponenza dell'autore di Gomorra comincia a infastidire qualcuno anche a sinistra (per dire: Il Male, settimanale satirico di Vauro e Vincino, lo bersaglia sempre più spesso). Il giornale di Travaglio ha pubblicato una lunga lettera di Giampiero Rossi, caporedattore del settimanale A, già in forze all'Unità, autore di parecchi libri. Due di questi sono dedicati alla vicenda del gruppo industriale Eternit. Si intitolano La lana della salamandra e Amianto e, spiega Rossi, sono serviti a Roberto Saviano come fonte per il monologo sull'amianto che ha recitato a Quello che (non) ho. Piccolo problema: Saviano ha copiato e incollato un bel po' di frasi dai volumi, ma non li ha citati nemmeno una volta. Si è comportato come se fosse tutta farina del suo sacco. Eppure la documentazione fornita dal Fatto è abbastanza eloquente. Scrive Rossi a pagina 56 di La lana della salamandra (Ediesse edizioni): «Una volta il capo del personale venne giù al Cremlino e disse che non c'era affatto polvere lì dentro (...) ricordo che aveva un cappello nero, di feltro. Un operaio glielo sfilò dalla testa e lo posò su una macchina. Poi gli disse: “Vieni a prenderlo fra otto o nove giorni e vediamo se qui non c'è la polvere”. Non lo rividero mai più li sotto. Poi abbiamo saputo che è morto anche lui di mesostelioma». Ed ecco cosa ha detto Saviano in televisione: «Una volta il capo del personale venne giù al Cremlino e disse che non c'era affatto polvere lì dentro. Ricordo che aveva un cappello nero di feltro. Un operaio glielo sfilò dalla testa e lo posò su una macchina. Poi gli disse: “Vieni a prenderlo fra otto o nove giorni e vediamo se qui non c'è la polvere”. Non lo rividero mai più li sotto. Poi abbiamo saputo che anche il capo era morto di mesostelioma». Giampiero Rossi di frasi come queste ne riporta nove. In alcuni casi, nel monologo cambia qualche parola rispetto al libro. Ma i passaggi sono praticamente identici. Il giornalista, però, non chiede a Saviano risarcimenti allucinanti, come quelli che Roberto pretende dal Corriere del Mezzogiorno e da Gennaro Sangiuliano del Tg1 (4,7 milioni di euro per alcuni servizi su una polemica riguardante Benedetto Croce). Anzi, Rossi si mostra conciliante, scrive con enorme rispetto, mostra quasi reverenza per l'autore di Gomorra. Si dice contento del fatto che Saviano abbia attinto al suo lavoro. «Quello che ho trovato assai meno piacevole è una certa mancanza di riconoscimento per chi quel lavoro lo ha realizzato», spiega. «Perché non riconoscere a chi ha investito tanto almeno la paternità del suo lavoro?». E precisa poi: «In questo caso la macchina del fango non c'entra. È solo una questione di correttezza». Già. Quello che Saviano non ha, fra le altre cose, è la correttezza. Non è la prima volta, infatti, che viene accusato di rubacchiare fra le pagine altrui, sempre senza alcun riferimento agli autori. Fu Libero a segnalare, qualche anno fa, il caso di Simone Di Meo, il quale aprì un blog per segnalare una serie di articoli comparsi sul quotidiano Cronache di Napoli, che Roberto utilizzò per Gomorra. Anche in quel caso fece copia e incolla. Di Meo non era un mitomane, tanto che dopo le sue insistenze Saviano fu costretto a citarlo a pagina 141 del suo bestseller, di cui però, nel frattempo, erano uscite dieci edizioni. Un'altra accusa è arrivata mesi fa dal giornale albanese Investigim. Il direttore, Alket Aliu, scrisse che Roberto, durante una comparsata televisiva in Albania, aveva spacciato per sue notizie lette sul giornale. Anzi, sul sito web Osservatorio Italiano, che aveva tradotto e pubblicato alcuni articoli di Investigim. A quel sito, Saviano aveva scritto una mail chiedendo di poter ricevere materiale. I documenti gli sono stati inviati e, secondo Alket Aliu, lo scrittore li ha poi utilizzati senza mai far riferimento alla fonte. Mancata citazione anche nel caso dello «scoop» sulla partecipazione della figlia del boss Gaetano Marino a un programma di Rai2 condotto da Lorena Bianchetti. Saviano ne scrisse su Facebook e fu poi ripreso dai giornali. Ma non disse che la notizia era stata pubblicata dal Giornale di Napoli. dove probabilmente l'aveva letta. Infine, appunto, c'è la vicenda riguardante Benedetto Croce, di cui abbiamo scritto ieri. In un monologo di Vieni via con me, Roberto citò un aneddoto sul filosofo napoletano, il cui padre morì tra le macerie dopo il terremoto di Casamicciola, a fine '800. Il padre di Croce, ha scritto Saviano, disse a Benedetto: «Offri centomila lire a chi ti salva». Secondo Marta Herling, nipote del filosofo, la storia è falsa, e l'autore di Gomorra l'avrebbe semplicemente scovata su internet, copiandola senza preoccuparsi di verificarla. In questo caso, Saviano ha pensato di risolvere la vicenda in tribunale, nel modo che sappiamo. Qualcosa ci dice che con Rossi non farà altrettanto. di Francesco Borgonovo