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Il mondo dei privilegi è gayI discriminati sono gli etero

Comuni e Regioni fanno a gara per arruffianarsi gli omosessuali

Andrea Tempestini
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Viene voglia di svegliarsi una mattina e gridare al mondo: sono lesbica! E non sarebbe per tastare il grado di omofobia di qualche collega benpensante. O la velocità con cui la portinaia corre a comprare un annuncio a pagamento sul Gazzettino della Martesana. Ma per godere delle iniziative che politica, istituzioni, imprese e talvolta il mondo dell'informazione mettono a punto per ingraziarsi il mondo omosessuale. E che paradossalmente finiscono per far sentire gli etero i veri discriminati. Direte: è solo una provocazione nel giorno della difesa dei diritti dei gay, buona per far parlare qualcuno e scatenare un gratuito refolo di polemiche. Nossignori. Chi scrive è quanto di più lontano possibile da uno spirito omofobo. Basta spulciare nelle agenzie di stampa e nei siti istituzionali  di comuni e regioni per capire fin dove possa arrivare la politica per arruffianarsi qualche voto in più o più semplicemente accaparrarsi un settore di guadagno sicuro.  Gli sforzi di Nichi - Leggo sulle agenzie di Bari che il sindaco Michele Emiliano, il governatore della regione Puglia Nichi Vendola e tutta una  sfilza di assessori, che neanche fosse il giorno dell'indipendenza, si sono prodigati ieri per garantire una ventiquattr'ore  indimenticabile agli amici gay e lesbiche. Prima hanno  fatto sventolare sul palazzo municipale di Bari una bandiera rainbow, simbolo della lotta a tutte le discriminazioni; poi hanno inaugurato una targa con un aforisma di Bertold Brecht  in ricordo di tutti gli omosessuali vittime dei campi di sterminio nazista (e tutti gli altri morti scusate?); infine si sono ritrovati in piazza per un flash mob con bacio collettivo che - raccontano le cronache - l'anno scorso fu un successo, quest'anno un evento da far invidia al  bacio gay di Morandi sul palco dell'Ariston. Il sito della regione rossa - Dal tacco dello stivale alla rossa Toscana è solo questione di chilometri. Perché il file rouge è sempre lo stesso, anche peggio. Se andate sul sito della regione rossa scoprirete per esempio che c'è un link interamente dedicato alle vacanze “gay friendly”. Con iniziative, luoghi e appuntamenti pensati apposta per loro. Roba che se un povero cristo qualunque va in  vacanza in Maremma con la famiglia fatica, e non poco, a trovare uno straccio di agevolazione, pacchetto vacanze o lido “consigliato” ai  marmocchi dai due ai dieci anni. Ma se è omosessuale ha la garanzia di finire nelle migliori spiagge «attrezzate per gay» del lungomare di Torre del lago. Mi chiedo e vi chiedo: com'è una spiaggia attrezzata per gay? Dice il sito in questione che il tal Bagno «è il posto giusto per chi non vuole rinunciare alla comodità di sdraio, ombrelloni e lettini». Ma scusate: non è quello che offre qualsiasi chalet? Vado oltre. La Regione Toscana, in un impeto di assistenzialismo che non offrirebbe  neanche a un cieco, aiuta i gay, neanche fossero poveri mentecatti storditi dal caldo e dall'arsura agostana, a riconoscere i locali omosex. Tranquilli, scrive l'informatissimo sito: «Basterà entrare in una delle tante strutture per accorgersi che la clientela lgbt (che non è un'astrusa formula chimica ma l'abbreviazione per lesbiche gay e affini, ndr)  affolla ogni posto». È come se dicesse a una famigliola in vacanza: «Volete capire come riconoscere un parco giochi? Contate gli scivoli, i bimbi che ci sono sopra e i cani che pisciano sulle aiuole».  Elementare signori e signore. Ma, in fondo, perché stupirsi. Quel bravo sindaco di Pisapia che tanta fatica ha fatto a sventolare su palazzo Marino a Milano un manifesto con la foto dei nostri Marò detenuti in India ha scritto nero su bianco  nel suo programma elettorale che avrebbe fatto di Milano la Mecca dei gay o meglio «una meta irrinunciabile del turismo omosessuale e in particolare del turismo culturale». Forse Milano non è ancora la Mecca sognata da Pisapia ma certo alberghi e locali ci si sono buttati a capofitto.  Come quel chioschetto glamour in centro che moltiplica le serate omosessuali come fossero cocktail di un menù e guarda le coppie che si avventurano al tavolo con pargoli al seguito come corpi alieni da estirpare.  Una tendenza - Il punto signori è che essere gay fa tendenza, avere una famiglia tradizionale no. È vecchio, obsoleto, noioso. Non tira, non piace, non fa notizia. Ha ben da incazzarsi il forum delle famiglie italiane se la maestrina Elsa Fornero, pardon Ministro, butta tra le scartoffie della riforma del lavoro  tre giorni di paternità obbligatoria e qualche bonus baby sitter per mamme ma si affanna come una disperata a pensare un pacchetto di politiche per le coppie di fatto. E ha ben da rivoltarsi nella sua  stanzetta misera e grigia il popolo dei disoccupati se in tempi di crisi e di gente che si suicida perché perde il lavoro apre una tv per gay a Milano, dove o sei gay o non presenti nemmeno il curriculum, figurarsi la faccia. Che poi, dico io, è davvero questo che vuole un omosessuale? Delle serate ad hoc, delle spiagge ad hoc e l'illusione - scusate se infierisco sul sito della regione toscana - che Firenze è gay friendly perché «la dinastia de' Medici che governò la città dal XV al XVVII secolo promosse la tolleranza, la vita artistica culturale e scientifica» e in famiglia «erano sicuramente omosessuali Papa Leone X, Ferdinando II e suo nipote Giovanni Gastone de' Medici»? L'altro giorno la Curia di Palermo ha concesso la parrocchia ai gay per la veglia antiomofoba. Grande segno di apertura e grandi festeggiamenti. Sacrosanto.  Ma da quando per pregare c'è bisogno di specificare i propri gusti sessuali? Questa non è lotta all'omofobia. È buon marketing parrocchiale. di Simona Bertuzzi

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