Moccia sindacodi Roselloè tutto un bluff
Lo scrittore eletto con percentuali bulgare non ha neanche mai fatto un comizio. A comandare è l'ex primo cittadino
Mettiamola così: può capitare che in un paese di 300 abitanti, abbarbicato al confine tra Abruzzo e Molise, dove il vecchio segretario comunale, Marino Armeno, racconta che ormai sono rimasti appena due bambini alle medie e due ragazzi alle superiori, il “papà” di Babi e Step, Federico Moccia, autore di Tre metri sopra il cielo, Amore 14, Ho voglia di te e Scusa ma ti chiamo amore, non sia tanto popolare come a Ponte Milvio. «Il sindaco? Lo trova al bar», è la prima risposta arrivati a Rosello, provincia di Chieti, borgo da cartolina, d'estate verde come la Svizzera, d'inverno con tre metri (di neve) sopra il tetto. Macché. Moccia non si vede. Il sindaco appena eletto, percentuale bulgara dell'89,74% pari a 142 voti, contro i 16 dello sfidante, qui non ha fatto neanche un comizio. Non l'hanno visto a Rosello (niente cinema né librerie) e nemmeno nella vicina frazione di Giuliopoli, dov'è nata la moglie Giulia che di cognome fa La Penna (ottima per uno scrittore, no?). La verità è che qui chi comanda è Alessio Monaco, primo cittadino uscente, figlio del titolare del bar-tabaccheria (ex sindaco pure lui) e attuale assessore provinciale al Bilancio con l'Mpa, capolista della civica “Autonomia e Libertà”, che ha portato Moccia al trionfo senza sforzo. Monaco, infatti, classe ‘75, e già due mandati nel suo feudo (che vanta l'abete più alto d'Italia e la cittadinanza onoraria a “zio” Remo Gaspari), ha avuto l'idea vincente. «Avevo in macchina uno dei libri di Moccia», ci spiega, «e una ragazza mi ha detto perché non chiediamo a lui di candidarsi? L'ho proposto a Federico», scusa, ma ti voglio candidare, e lo scrittore dell'amore ha detto sì. «Non sono un politico, però se il mio nome serve per il bene del paese, ci sto». E allora vai col voto, tanto l'avversario, Salvatore Masciotra, si è candidato proforma. Ubi maior… Che Moccia serva da queste parti, comunque, non c'è dubbio: più che i lucchetti, «speriamo porti la cicogna», dicono i compaesani. Più che delibere di giunta, qui servono Scamarcio e la Chiatti. Lo sussurra perfino il parroco, don Giampiero: «Un paese senza giovani è senza futuro». E poi in fondo, Amore 14 non è il Kamasutra. E quando viene quassù, Federico non si perde una messa. Il neo-sindaco nei giorni del voto era in Argentina a promuovere il suo ultimo successo. In municipio è pronta la stanza e nel castello del conte Odilio Pellegrini, a Giuliopoli, cento metri più a valle, la contessa Anna Maria lo aspetta per il 18 del mese, per la visita ufficiale della delegazione lituana davanti alla statua equestre di San Casimiro. Prima uscita pubblica con fascia tricolore, però, oggi a Roma, per i 100 anni del rosellano Nicola Di Tullio. E poi a giugno, rivela Vito, lo zio d'America, tornato in patria dopo una vita da chef delle star, da Frank Sinatra a Jerry Lewis, nascerà il secondo figlio di Federico, una bimba. Per quel giorno di festa, però, il vero regalo se l'aspettano i rosellani da lui: scusa, sindaco, ma toglici l'Imu… di Brunella Bolloli