Fucilieri scarcerati, ora serve un blitz per riportarli a casa
Accolta la richiesta di libertà su cauzione: sarà più facile farli scappare con l'aiuto di agenti segreti
La Corte Suprema del Kerala ha concesso la libertà su cauzione a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, pur ponendo condizioni molto restrittive. La notizia è stata accolta positivamente ma con prudenza a Roma dove si attende l'atto formale firmato dal giudice indiamo. Secondo la stampa indiana le condizioni poste dalla giustizia del Kerala prevedono il versamento di un deposito di 10 milioni di rupie (circa 143mila euro) per ognuno dei due militari, la designazione di due garanti indiani, la consegna dei passaporti e il divieto di allontanarsi e di risiedere a più di dieci chilometri da Kochi. Per i due fucilieri sfuma quindi l'ipotesi di soggiornare all'interno dell'ambasciata italiana a Delhi anche perché avranno l'obbligo di firma quotidiana nel commissariato di Kochi tra le 10 e le 11 di mattina e in ogni altro momento fosse loro richiesto. Presentando la richiesta di libertà su cauzione, i legali dei militari avevano assicurato che gli imputati non avrebbero tentato di lasciare l'India né di manomettere le prove o intimidire i testimoni. A favorire la concessione della libertà su cauzione è stata la decisione del governo del Kerala di rinunciare alle accuse richiamate nel cosiddetto “Sua Act”, una convenzione contro il terrorismo marittimo firmata a Roma nel 1988. Rinuncia definita «un elemento significativo» dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola perché il richiamo al Sua Act «significava di fatto accusare i nostri due marò di aver tenuto comportamenti terroristici in mare». Ciò nonostante gli indiani «non hanno fatto sconti all'Italia»” come ha ricordato ieri l'ex ministro degli Esteri Franco Frattini. Basti pensare che tra i capi d'accusa c'è l'associazione a delinquere che in pratica valuta i due militari in servizio attivo come gangster mentre il giudice P.S. Gopinathan ha respinto il ricorso sulla giurisdizione del caso affermando che le leggi indiane possono essere applicate fino a 200 miglia dalla costa invece che entro le 12 miglia delle acque territoriali. Un'interpretazione singolare, arbitraria e non riconosciuta in alcun modo dal diritto della navigazione. Nessun ammorbidimento quindi dell'atteggiamento verso gli italiani nonostante le accuse e le prove siano basate su perizie balistiche ridicole se non artefatte e testimonianze ballerine di pescatori che hanno cambiato versione almeno tre volte dal 15 febbraio. La libertà su cauzione potrebbe rendere più agevole un'azione per portare Latorre e Girone fuori dal territorio indiano, attuabile con l'astuzia mobilitando i servizi segreti. Una “esfiltrazione”, per usare un termine militare, del tutto improbabile considerando l'atteggiamento morbido finora tenuto dal governo italiano ma che costituirebbe l'unico modo per sottrarre i due militari agli abusi dei tribunali indiani e dare al tempo stesso una lezione all'arroganza di Nuova Delhi. Nonostante le garanzie ufficialmente offerte agli indiani, Roma avrebbe tutto il diritto di riportare a casa i due militari anche utilizzando le armi dell'inganno non solo perché l'arresto e il processo di Girone e Latorre sono atti arbitrari ma soprattutto perché, come ha ammesso nel marzo scorso anche il Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il fermo della petroliera Enrica Lexie e il conseguente l'arresto dei due fucilieri sono avvenuti utilizzando «un sotterfugio», cioè chiedendo al comandante della nave di raggiungere il porto di Kochi per riconoscere l'imbarcazione pirata che si era avvicinata al mercantile italiano. di Gianandrea Gaiani