Cerca
Cerca
+

Sanno dove tagliare ma non vogliono

default_image

di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
  • a
  • a
  • a

Ieri, durante uno dei programmi di approfondimento della tv online di Mediaset, Tgcom24, mi è stato chiesto se fossi contrario alle denunce degli sperperi da parte dei cittadini. «Non è una buona cosa?», mi ha domandato Ilaria Cavo, conduttrice dello speciale. La risposta è no, non è una buona cosa. E non in quanto  si sollecitano le persone a diventare delatori e altre stupidaggini simili che mi è capitato di leggere mercoledì sui giornali, ma più semplicemente perché in questo modo si prendono in giro gli italiani. Ma davvero voi pensate che basti nominare un commissario agli sprechi per veder in quindici giorni ridotta la spesa pubblica? E credete sul serio che sia sufficiente spedire una mail al sito del Governo per mettere in azione le forbici di Palazzo Chigi? Fosse così dovremmo per prima cosa chiudere la ragioneria generale dello Stato e le Corti dei conti disseminate in ogni capoluogo di regione d'Italia. A che servono  l'esercito di contabili e tutti i magistrati finanziari di cui disponiamo se alla fine per rientrare delle spese basta un super commissario rimborsato a tassametro? Che cosa ce ne facciamo del ragioniere Mario Canzio, numero uno dei computisti del ministero con oltre 500 mila euro di stipendio?  Lo licenziamo insieme ai suoi collaboratori? E le 600 toghe con calcolatrice, (...) (...)  costo poco meno di 300 milioni, a che servono? Se è sufficiente Bondi, mandiamole a casa. In un attimo avremmo recuperato diverse centinaia di milioni. La verità è che per fare i tagli non c'è bisogno di nessun supercommissario:  serve solo  la voglia di farli.  Oppure il coraggio.  Già, perché se si usa la mannaia c'è pericolo di far male a qualcuno e dunque bisogna essere in grado di sopportarne la reazione, la quale può essere anche forte, magari perfino violenta. Mi spiego. Se invece di usare le relazioni annuali dei presidenti della Corte dei conti per non far ballare i tavoli che hanno una gamba corta, i politici le leggessero e poi ne traessero spunto per ridurre le spese, a quest'ora non ci sarebbe bisogno di scomodare Enrico Bondi né di chiedere ai cittadini di inviare le proprie segnalazioni. Prendete il caso della Sicilia. Nell'ultima relazione della magistratura contabile siciliana si segnala che i dipendenti in 15 anni sono aumentati del 45 per cento. Ufficialmente i lavoratori sono 15.600, ma al numero vanno aggiunti 2.033 dirigenti e 7.512 dipendenti a tempo determinato: totale 25.145.  Dopo l'ultima stabilizzazione di circa 5 mila precari, il procuratore generale della Corte dei conti ha chiesto: sono proprio necessarie tutte queste persone? Nessuno gli ha risposto, di certo non i politici e i governanti, i quali sanno benissimo che per far funzionare la Regione ne basterebbero 4 mila, tanti quanti ne ha la Lombardia, ma per evitare tensioni lasciano correre, come se la Sicilia fosse uno Stato autonomo e alla fine la cassa da cui vengono attinti i soldi non fosse la stessa che Monti lamenta essere vuota. Forse non si sa che in Calabria ci sono 10.500 forestali, due volte e mezzo quelli in servizio in Canada, Paese che però dispone di un'estensione boschiva di 400 mila chilometri quadrati, sette volte superiore a quella della Regione meridionale? Se in Lombardia di guardie campestri ne bastano 600,  perché sulla Sila ne servono venti volte di più? E in Campania, è uno spreco o una spesa sensata mantenere da trent'anni delle persone che svolgono lavori socialmente utili, al costo di 3,5 miliardi? Eppure tutti gli anni lo Stato stanzia 110 milioni per pagare queste persone, che ufficialmente non sono in organico, ma a tutti gli effetti sono dipendenti, molti dei quali assunti per tener pulita Napoli e come sia pulita la città è noto. Voglio dire: ma che cosa c'è da studiare o da farsi segnalare? Sono decenni che si discute di tagli alla spesa pubblica, ma la spesa pubblica è raddoppiata, se non triplicata. Ieri, sul Corriere della Sera, Francesco Giavazzi, fresco super commissario agli incentivi, segnalava lo studio redatto dal professor Onofri in cui si individuavano i settori in cui intervenire: dimenticava di dire che il lavoro risale al 1997 e da allora nessuno se n'è curato. Il ministro che fino a ieri aveva il compito di tagliare, studia la materia da venticinque anni, e visto che lui non ha concluso niente che si fa? Si nomina un esterno, anzi, un tecnico dei tagli. Peccato che Enrico Bondi non abbia lavorato per lo Stato, ma solo per i privati, dove se si vuol recidere un ramo secco basta schiacciare un bottone, senza dover far conto con leggi e leggine né rispettare le sentenze del Tar o le furbate della pubblica amministrazione. Faccio un altro caso. La spesa pubblica se ne va in gran parte nella spesa sanitaria. Ci sono Regioni efficienti che garantiscono al cittadini servizi decenti e altre che non lo sono affatto. Solo due però hanno i conti in ordine: l'Umbria e il Friuli. Ci vuol molto a stabilire che la loro buona gestione è da prendere a modello, calibrando i costi standard sui loro? No. Per via del federalismo all'acqua di rose voluto dai partiti si fa la media tra Regioni spendaccione e quelle che risparmiano, così anche quelle virtuose sono autorizzate a spendere di più. Ma vi sembra un buon criterio? Applicate le regole trovate in Friuli  e Umbria e vedrete che si risparmieranno 12 miliardi. Insomma, quel che voglio dire è che non serve il call center per raccogliere le segnalazioni perché si rischia di avere solo spese in più, quelle di chi riceve le telefonate e di chi le smista e poi i costi degli ispettori incaricati degli accertamenti. Così si perde tempo e si prendono in giro i contribuenti. Ribadisco: se si vuole tagliare la spesa è già tutto scritto. Le sole cose che mancano sono gli attributi. di Maurizio Belpietro  

Dai blog