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La Spagna chiede aiuto, Cipro è già ko

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Allarme di Madrid: "Bruxelles ci dia i soldi per salvare le banche". Nicosia rincara la dose: la Grecia ci ha rovinato

Lucia Esposito
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La tirata d'orecchie all'Europa di Barack Obama ha un ispiratore: il dio mercato. Lunedì il presidente statunitense - leader del Paese che ha generato questa catastrofe - ha minacciato un isolamento volontario della sua terra dal Vecchio continente, nel caso in cui quest'ultimo non dovesse decidersi di affrontare la crisi per le corna.  Ieri, la Casa Bianca ha ribadito il concetto. «L'Europa ha intrapreso passi importanti ma i mercati si attendono di più, e bisogna fare di più», ha fatto eco Michael Froman, uno dei consiglieri di Obama.  Mai contraddire le piazze finanziarie. O meglio, quella a stelle e strisce. A preoccupare l'America è infatti il calo delle esportazioni verso questo lato dell'Atlantico, che sta provocando una riduzione dei profitti delle aziende Usa. Secondo il New York Times, la situazione, già grave, potrebbe ulteriormente peggiorare.  Cisco, Dell e NetApp, scrive il quotidiano, hanno dovuto apporre un segno meno davanti al dato delle esportazioni verso l'Europa. Quindi Bruxelles, ma soprattutto frau Merkel, si dia una mossa. Ma i Paesi periferici, continuano a remare contro. Ieri il ministro spagnolo del Bilancio, Cristobal Montoro, ha chiesto ufficialmente aiuto all'Unione per mettere le banche in sicurezza. Scrive l'agenzia di stampa Bloomberg: Montoro, nel corso di un'intervista alla radio, ha però sottolineato che non è necessaria una quantità di fondi «eccessiva», «non parliamo di cifre astronomiche». Una rassicurazione, con una Grecia in bilico, che vale come un due di picche. A complicare le cose, ci si è messa anche Cipro: c'è una «seria possibilità» che Nicosia abbia bisogno di aiuto da parte dell'Ue per sostenere il suo sistema bancario, fortemente esposto al debito greco, ha detto il viceportavoce del governo, Christos Christofides.Il peso dell'economia cipriota sul Pil di Eurolandia è però molto basso. Diverso è il discorso per Madrid. Per dirla con le stesse parole del suo ministro delle Finanze,  un piano di salvataggio internazionale della Spagna è «tecnicamente impossibile», date le dimensioni della quarta maggiore economia della zona euro. Montoro non lo ha detto a caso, ciò a cui punta è un maggiore impegno da parte dei membri dell'Unione europea «per risolvere i problemi dei Paesi che stanno facendo le riforme necessarie». Le istituzioni europee devono prendere dei «rischi politici convincendo i mercati che l'euro è una realtà e ha un futuro». Parole, di fatto, rivolte, anche queste, alla cancelliera tedesca. Merkel che però sembra inizi a sentirci dall'orecchio-eurobond, mostrando spiragli interessanti. Così Madrid ricambia, con il ministro Rajoy che apre alla possibilità di un controllo centralizzato dei budget nazionali, attraverso la creazione di un “European fiscal autority” che assorba le strategie fiscali della zona euro e ne armonizzi le politiche. Così come richiesto dalla Germania. Anche la Bce risponde alle sollecitazioni di Berlino: sono dodici settimane consecutive che non compra più titoli di debito dei Paesi in difficoltà. Stati Uniti da un lato e “Pigs” dall'altro, può essere la volta buona che il cuore di Berlino s'intenerisca davanti alla culla degli eurobond. di Antonio Spampinato

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