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Sondaggio, gradimento del governo giù di 9 punti in tre mesi

Matteo Legnani
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Il 41% di consensi che Matteo Renzi continua a sventolare (l'ultima volta l'ha fatto appena qualche giorno fa, in occasione della direzione Pd) appartiene ormai al passato. All'epoca in cui fare annunci ancora valeva, perchè gli italiani credevano nell'uomo capace di mandare in soffitta la vecchia guardia del Pd. Poi sono cominciati gli annunci a raffica, raramente seguiti dai fatti. I "cento giorni" sono diventati mille. Le province sono state abolite, ma solo per finta. Il Senato è stato abolito, ma solo per finta. E così via. Finchè si è arrivati allo scontro sul Jobs Act, quello (tra le altre cose) dell'articolo 18 e del Tfr in busta paga. Una cavalcata di promesse che è durata tutta l'estate e che, secondo un sondaggio svolto da Lorien Consulting e riportato da Il Fatto Quotidiano, è costata al governo Renzi la bellezza di 9 punti di gradimento tra giugno e lo scorso 5 ottobre, data di svolgimento della consultazione. Il gradimento dell'esecutivo sarebbe ora al 53%, appena sopra la fatidica soglia del 50% e, inutile dirlo, il valore più passo da quando Renzi ha spodestato Enrico Letta da Palazzo Chigi.  Caoticità e poca chiarezza che il premier sta pagando, sempre secondo il sondaggio, anche relativamente al Jobs Act. se infatti tre italiani su 4 indicano la riforma del lavoro come una priorità, solo il 49% conosce il il provvedimento. E tra questi, solo il 50% ne dà complessivamente un giudizio positivo. Il che significa che la riforma raccoglie il consenso informato di non oltre un quarto degli italiani. Consenso al lumicino anche sulla proposta del Tfr in busta paga: il 52% ritiene che un provvedimento di questo tipo metterebbe in difficoltà le aziende, solo il 16% lo ritiene utile, mentre il 21% pensa che non cambierà nulla. 

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