Giampaolo Pansa: Matteo Renzi, un Ganassa pericoloso a Palazzo Chigi
«Adesso non ci può fermare più nessuno!» ha esclamato Matteo Renzi subito dopo il primo voto sulla riforma del Senato. Secondo un'altra versione, anche questa raccolta dai media, avrebbe strillato: «Nessuno può fermare il cambiamento!». Ma è la medesima cosa. Dal momento che il Rottamatore, diventato un convinto costruttore di castelli di carta, identifica in se stesso l'unico uomo della Provvidenza in grado di trasformare l'Italia nel paese di Bengodi. Peccato che Renzi non abbia mantenuto la promessa di recarsi venerdì a Palazzo Madama per pronunciare il discorso della vittoria. Avremmo ascoltato l'ennesimo elogio della sua grandezza. Nel descriversi come l'unico leader politico italico del presente e soprattutto del futuro, avrebbe confermato il sospetto che molti nutrono sul suo conto. Quello di essere il numero uno dei Ganassa della nostra Repubblica. Forse il premier, un toscano quasi fiorentino, come la gran parte della squadra che si è portato a Palazzo Chigi, non conosce il significato di questa parola. È una vecchia espressione lombarda, poi diventata di uso comune nel lessico dell'Italia del nord ovest. Il ganassa è lo spaccone, il Capitan Fracassa che si vanta di saper fare di tutto, compreso dare la caccia alle mosche usando le chiappe del sedere. Mia madre Giovanna, nel suo slang vercellese-monferrino, mi ammoniva: «Giampa, non fare il ganassa, perché prima o poi incontrerai chi lo è più di te». Non seguivo mai il suo consiglio e di solito mi andava male. Nella politica italiana abbiamo già incontrato altri ganassa. Uno di questi era Silvio Berlusconi, con una venatura da commendatore, il «cumenda» milanese che ha per motto il «Ghe pensi mi!». Sappiamo come è andata al Cavaliere. E qui rispondo a un lettore di Libero che mi ha chiesto perché non lo chiami «ex Cavaliere», un'usanza dei balilla di Repubblica. I cavalieri sono come i preti, i campioni di ciclismo e, se permettete, le donne di vita: una volta guadagnato il titolo, lo mantengono per sempre. Alla faccia delle sentenze di qualche magistrato che si crede Torquemada. Un connotato fondamentale del Ganassa è di non voler distinguere un'impresa importante, anche se faticosa, da una che non lo è. Preferisce lo spettacolo con le luci della ribalta, e cerca di non vedere e di non fare ciò che lo infastidisce. Sotto questo aspetto, Renzi si sta rivelando un Superman. Avrebbe già dovuto iniziare da tempo il taglio della spesa pubblica, seguendo il piano elaborato da un tecnico di grande serietà, Carlo Cottarelli. Ma al premier il sentir parlare di spending review fa venire l'itterizia. Della spesa pubblica non gli frega niente, come dimostra la pervicacia di spendere soldi ancora da incassare. Per di più, tagliarla sul serio lo costringerebbe a mettersi in urto con una quantità di enti e di corporazioni. Un'eventualità che contrasta con la figura del Grande Piacione, l'immagine di se stesso che preferisce. Con il rischio di perdere per strada una parte dei milioni di elettori che lo hanno votato alle europee. Il Ganassa è sempre impassibile. E ha una risposta pronta per ogni eventualità. Giovedì, quando l'Istat ha certificato che l'Italia era tecnicamente in recessione, lui ha fatto spallucce, dicendo: «Se guardiamo l'andamento del Pil siamo già in recessione da anni». E sembra di sentirlo aggiungere: «Se non fosse stato per me, e per il mio governo che ha preso il posto di quel pasticcione di Monti e di quel lumacone di Letta, l'Italia sarebbe già morta». Niente fa paura al Ganassa. Il capo della Banca centrale europea, Mario Draghi, dà una strizzata terribile al governo Renzi. E in pratica gli dice: se non fate le riforme giuste, vi mandiamo la troika, come è già accaduto alla Grecia. La replica del premier? Corre a farsi intervistare da La7 e bello come il sole giura: «Sono assolutamente d'accordo con Draghi. È la mia linea. Anch'io voglio più riforme e più incisive». Purtroppo per il Ganassa, le pagelle che stilano tanti esperti italiani e stranieri sono sempre più negative. E concordano su un punto: in sei mesi di Palazzo Chigi, Renzi ha evitato di affrontare tutte le battaglie difficili. E si è dedicato ai lavori che gli daranno più lustro e un potere sempre più forte. Come la nascita di un nuovo Senato, fatto di nominati dagli enti locali, dove la sinistra trionfa sulla destra. E come la legge elettorale, lo strombazzato Italicum, che in caso di vittoria gli consentirà di controllare anche il Quirinale e la Corte costituzionale. Purtroppo cambiare le regole del gioco politico non serve a far uscire d'Italia dalla recessione. Forse Renzi ci crede davvero. Ma sé così si sta avverando il paragone descritto sulla Stampa dal sociologo Luca Ricolfi, un politologo sempre caustico. Ha raccontato che il governo si muove con un'incredibile leggerezza e confusione: «È come se in una nave che affonda, con i passeggeri che si dibattono tra i flutti e le scialuppe di salvataggio che non bastano a recuperare tutti, il comandante stesse appassionatamente discutendo in che modo sostituire la vecchia radio di bordo con un modernissimo sistema di navigazione satellitare». La verità è che fare il Ganassa mentre piovono polpette sempre più magre e rancide, è molto complicato e quasi sempre si risolve in un disastro. La vita e i tanti anni di lavoro mi hanno insegnato che ciascuno di noi è anche il suo passato, non soltanto il suo futuro. Chi è Renzi? Un giovin signore che ha ben poco dell'esperienza indispensabile per guidare una nazione nei guai come l'Italia. È stato un capo dei boys scout, poi è diventato famoso per aver vinto alla Ruota della fortuna di Mike Buongiorno, quindi si è dato alla politica nelle file della Margherita, tra i democristiani superstiti di Tangentopoli. Ha conquistato la poltrona di presidente della provincia di Firenze e poi di sindaco del capoluogo regionale. Grazie alla crisi micidiale del Pd, è diventato il segretario di quel partito. Infine ha tradito Enrico Letta, l'ha costretto a dimettersi e ha preso il suo posto. Prima di allora non aveva mai messo piede in Parlamento e ancora oggi non ha affrontato il giudizio di un'elezione politica nazionale. Quella che conta davvero. Ecco la vita e le opere del Ganassa furbone che oggi sta a Palazzo Chigi. Non è necessario immaginare che tutte le mattine, dopo essersi alzato all'alba, cominci a twittare a mezzo mondo. In questo mi ricorda Gianni Agnelli. Lui dormiva pochissimo e alle sei iniziava a telefonare a questo e a quello. La sua vittima preferita era il vecchio Ugo La Malfa, il leader del Partito repubblicano. Ma l'Avvocato chiedeva consigli, non impartiva ordini, per lo meno non all'alba. E soprattutto, come i veri potenti, non temeva complotti. Renzi, invece, sospetta di poter essere vittima di congiure. Si è circondato di amici, il suo Giglio Magico, scelti in base al criterio della fedeltà. Sono anche all'altezza del lavoro da fare? Se consideriamo molti di questi personaggi, è inevitabile concludere che delle capacità dei collaboratori non gl'importi nulla. Dal momento che a comandare deve essere soltanto lui. Quanto potrà durare un premier come Renzi? Sotto questi chiari di luna, è inutile fare previsioni. Può restare a Palazzo Chigi per molto tempo, ma anche per poco. La data di scadenza non dipenderà da lui, ma da quanto accadrà in Italia, in Europa e nel mondo. Speriamo soltanto di uscirne vivi. di Giampaolo Pansa