Uomo spara ai suoi due gatti e ne uccide uno: mini-risarcimento. "Erano privi di valore economico"
Quanto vale il vostro gatto? In termini di affetto probabilmente è inestimabile, ma dal punto di vista economico è «privo di valore». Lo ha stabilito il giudice Damiano Spera della decima sezione civile del tribunale di Milano (che si occupa di diffamazione, incidenti stradali con danni a persone e a cose) nella sentenza relativa alla richiesta di risarcimento per la morte di un gatto ucciso da un vicino di casa. La storia inizia nel 2008, quando il signor Sergio sparò con un fucile ad aria compressa ai due mici delle vicine, madre e figlia: Tilli rimase gravemente ferita, mentre Zaira morì circa sei mesi dopo, al termine di un lungo e costoso calvario dal veterinario. Il conto finale per le spese fu di 12mila euro, cifra che saldarono solo dopo aver ottenuto un finanziamento. Per questo al vicino hanno chiesto la stessa cifra, 12mila euro per danni patrimoniali e morali (crisi d'ansia e insonnia). Ma il magistrato ha fissato il risarcimento in 8mila euro, divisi in 4mila per le cure mediche e 2mila a testa come danno morale per il «rapporto interattivo tra proprietario ed animale che è stato interrotto e che era idoneo ad appagare esigenze relazionali-affettive certamente meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico». Cifra inferiore a quanto sperato perché, continua il giudice, il gatto è «privo di valore economico» e chi spende troppi soldi per curarlo manca di «diligenza e correttezza». Scrive Spera: «Qualora il proprietario si prodighi in spese veterinarie per curare il proprio animale (seppure quest'ultimo privo di valore economico), tale condotta è finalizzata indubbiamente al mantenimento e al “ripristino” del rapporto affettivo con l'animale» e «dunque, non pone in essere una condotta conforme ai delineati principi di diligenza e correttezza chi affronti spese veterinarie addirittura superiori al possibile risarcimento del danno compensativo della perdita di tale rapporto». Nella sentenza è riconosciuta la colpa del vicino, che ai carabinieri della stazione di Corbetta confessò di aver sparato alle gatte con la sua carabina ad aria compressa in risposta ai danni provocati dai felini al suo giardino. Per questo motivo ha anche tentato di controdenunciare le vicine per omessa custodia degli animali, ricevendo il rigetto da parte del magistrato, secondo il quale «pur essendo emerso dall'istruttoria che i gatti circolassero liberamente nelle varie proprietà limitrofe, e quindi anche nel giardino del convenuto, non risulta comprovata l'asserita riconducibilità dei danni lamentati alle gatte delle attrici». Il signor Sergio le centrò per bene: a Tilli, la sopravvissuta, il veterinario estrasse tre pallini dall'addome, all'altra furono fatali quattro colpi al ventre. «Il danno morale da “perdita dell'animale da affezione” è ormai riconosciuto da una significativa giurisprudenza di merito», spiega il giudice Spera, «che ne ha talvolta ammesso la risarcibilità anche al di fuori dei casi di “danno conseguente a reato”. Viceversa, appare condivisibile il prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità che nega il risarcimento del danno da perdita dell'animale di affezione quando non concorrano anche gli estremi del reato». Il punto è il pedigree. Se i gatti avessero avuto un pedigree certificato, sarebbe stato facile quantificare il danno, ma poiché si trattava di gatti senza valore, è impossibile determinare un risarcimento. Conta poco se pensate che il vostro micio sia inestimabile. di Salvatore Garzillo