Senza azzurri in campo ci rimangono solo le scommesse
Mi chiedevo cosa spingesse certi uomini ad infliggersi la visione di partite indegne di questo nome. Iran-Bosnia, Camerun-Croazia. Poi ho capito. Scommesse. Speravo che il tempo passato a guardare con un occhio la liga argentina, con l'altro i Botola marocchini fosse finito con l'inizio della bella stagione, ma Rio 2014 ha infranto i miei sogni più rosei. L'Italia ha fatto il resto. Con gli azzurri fuori dai giochi la scaramanzia ha ceduto il passo alla voglia tutta maschile di ributtarsi nel circuito delle scommesse. Così adesso mi ritrovo, ci ritroviamo, a contare i minuti che ci separano dall'inizio di Belgio-Usa o di qualsivoglia partita di cui, ad un italiano, dovrebbe fregare poco o niente. Si parlasse poi di cifre da capogiro, ma le rendite delle scommesse ai più non consentirebbero di pagare una cena per due nel più squallido dei ristoranti. E, anche se ce la facessero, sarebbe interrotta di continuo dal controllo maniacale delle app di «WilliamHill». Avessero almeno buttato qualche euro sul morso di Suarez a Chiellini (dato 175 a 1) avremmo in tasca quanto basta per passare fuori casa i dieci giorni che ci separano dalla fine del Mondiale. di Claudia Casiraghi