Riforme, 35 senatori firmano un subemendamento per riproporre il Senato elettivo
La strada verso le riforme è ancora un campo minato. Il premier Matteo Renzi dopo l'incontro (farsa) con i Cinque Stelle prova a stringere i tempi ma a mettere in discussione l'intesa Pd-Forza Italia ci pensano 35 franchi tiratori equamente divisi tra maggioranza ed opposizione che preparano uno sgambetto per far saltare in aria la riforma di palazzo Madama. Trentacinque senatori, di cui 18 della maggioranza (16 del Pd, più Mario Mauro e Salvatore Buemi) hanno depositato un sub-emendamento che ripropone il Senato elettivo. Con questa mossa last-minute la riforma potrebbe essere messa in discussione proprio durante in Aula. I franchi tiratori - In una conferenza stampa alla quale hanno preso parte Vannino Chiti, Felice Casson, Mario Mauro, Francesco Campanella e Loredana De Petris è stato riferito che oltre all'emendamento sull'elezione diretta del Senato, ne sono stati presentati altri, per un numero complessivo di 14 proposte. In Commissione lo sgambetto non dovrebbe andare in porto. Ma i problemi sorgerebbero invece in Aula, dove il governo Renzi ha ottenuto 169 voti al momento della fiducia. Se i 18 non votassero (su un emendamento poi sono 19) diventerebbero determinanti i voti degli altri partiti, come Fi e Lega. Tensione in Forza Italia - Anche se per ora il patto del Nazareno tiene, cresce la fronda in Forza Italia a favore del Senato elettivo. Al Senato, il giorno della chiusura dei termini per gli emendamenti, gli azzurri riuniscono i gruppi parlamentari. C'è malumore evidente tra i senatori, un gruppo dei quali si ferma a lungo a parlare con il coordinatore Giovanni Toti. Nella riunione aprono Denis Verdini e Paolo Romani, illustrando i termini dell'accordo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Ma tutti quelli che intervengono dopo (Razzi, Zuffada Caliendo, Minzolini) dicono a chiare lettere che l'emendamento che non prevede il senato elettivo loro non lo voteranno. E sul vertice tra gli azzurri è giallo. Infatti, secondo quanto racconta Dagospia oltre a Verdini era presente al vertice anche Maria Rosaria Rossi. Secondo la ricostruzione di Dagospia a introdurre i lavori è stato il capogruppo Paolo Romani. Subito dopo le parole di Romani sarebbero partiti attacchi alla riforma del Senato da parte di Minzolini e Caliendo. Verdini a questo punto chiude la seduta rinviandola a nuova da ta da destinarsi. L'episodio parla chiaro: la riforma del Senato resta in bilico. E tra gli azzurri potrebbe scoppiare un Vietnam con conseguenze pesanti per il partito e per il Cav.